L’Italia è tra le nazioni più sviluppate al mondo e che fanno parte dell’OCSE che spende di più in pensioni, con una percentuale del 15,64% del PIL dedicato proprio alla spesa previdenziale.
Quanto spende l’Italia per le pensioni
Così l’OCSE nel report Pensions at a glance 2021 in cui osserva che “la concessione di benefici relativamente alti a pensionati giovani fa sì che la spesa pensionistica pubblica si collochi al secondo posto tra le più alte dei Paesi dell’Ocse, pari al 15,4% del Pil nel 2019″.
La spesa pensionistica è definita come tutte le spese in contanti (compresi i pagamenti forfettari) per le pensioni di vecchiaia e di reversibilità. Le prestazioni in denaro per la vecchiaia forniscono un reddito alle persone che si ritirano dal mercato del lavoro o garantiscono un reddito quando una persona ha raggiunto un’età pensionabile “standard” o ha soddisfatto i requisiti contributivi necessari. Questo indicatore è misurato in percentuale del PIL suddiviso per settore pubblico e privato.
Alle nostre spalle troviamo la Grecia, con la spesa che si ferma al 15,48%, mentre in terza posizione – staccata di oltre 2 punti – si piazza la Francia con una spesa rispetto al PIL del 13,59%. Ai piedi del podio, con un valore superiore al 12%, ci sono poi Austria e Portogallo e solo in 12esima posizione troviamo il primo paese non europeo, il Giappone, con una spesa pubblica legata alle pensioni pari al 9,35% del totale del PIL.
L’invecchiamento della popolazione, continua l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sarà rapido e nel 2050 ci saranno 74 persone di età pari o superiore a 65 anni ogni 100 persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni, il che equivale a uno dei rapporti più alti dell’OCSE.
Negli ultimi 20 anni, la crescita dell’occupazione, anche attraverso carriere più lunghe, ha compensato più della metà della pressione dell‘invecchiamento demografico sulla spesa pensionistica in Italia. Ciononostante, quest’ultima è aumentata del 2,2% del PIL tra il 2000 e il 2017.
Per l’Italia l’incremento dell’occupazione continua a rivestire un’importanza cruciale, in particolare nelle fasce di età più avanzata.
Come saranno le pensioni future per i lavoratori con una carriera senza interruzioni
Secondo l’Ocse inoltre il sistema pensionistico italiano abbina un’età legale di pensionamento alta a un’elevata aliquota contributiva del 33%, il che determina un elevato tasso di sostituzione netto dell’82% per i lavoratori con una carriera senza interruzioni e con salario medio, rispetto a un tasso del 62% in media nell’area dell’OCSE. Andando in pensione 3 anni prima, a 68 anni, il futuro tasso di sostituzione netto scende sostanzialmente al 72%, un valore che rimane alto in un confronto a livello internazionale.
Tuttavia, continua l’istituto, non è possibile attendersi tassi così elevati di sostituzione per tutti i lavoratori. In Italia, una lavoratrice che inizia la sua carriera a 27 anni ed è disoccupata per 10 anni nell’arco della sua vita professionale riceverà una pensione inferiore del 27% rispetto a quella di una lavoratrice a tempo pieno, contro la media del 22% inferiore nell’area dell’OCSE. Inoltre, poiché le aliquote contributive dei lavoratori autonomi sono inferiori di un terzo rispetto a quelle dei dipendenti, i lavoratori autonomi possono aspettarsi pensioni inferiori di circa il 30% rispetto a quelle dei dipendenti con lo stesso reddito imponibile per tutta la carriera: la media OCSE è del 25% più bassa.
Il report inoltre rivela che in Italia, il reddito medio degli ultrasessantacinquenni è simile a quello della popolazione totale, mentre è inferiore in media del 12 % rispetto alla zona OCSE e del 15 % rispetto all’Italia di 20 anni fa. L’Italia figura poi tra i sette Paesi dell’OCSE che collegano l’età pensionabile prevista per legge alla speranza di vita e in più il requisito di futura età pensionabile “normale” è tra i più elevati con 71 anni di età, come la Danimarca (74 anni), l‘Estonia (71 anni) e i Paesi Bassi (71 anni), contro una media OCSE di 66 anni per la generazione che accede adesso al mercato del lavoro.
In Italia e in questi altri due Paesi, tutti i miglioramenti dell’aspettativa di vita vengono automaticamente integrati all’età pensionabile. In alternativa, la Finlandia e i Paesi Bassi trasmettono due terzi dei miglioramenti dell’aspettativa di vita all’età pensionabile.
La spesa per le pensioni nel DEF
E la spesa previdenziale è destinata a salire. Come riporta Il Sole 24 Ore, il DEF, Documento di Economia, approvato dal Governo il 6 aprile scorso si prevede un aumento del 2% delle uscite per prestazioni pensionistiche nel 2021 e tra il 2023 e il 2025 la spesa previdenziale tornerà a salire, anche a causa della maggiore indicizzazione degli assegni, raggiungendo il 16,7% del Pil nel 2030 con un picco del 17,4% nel 2036.