ROMA (WSI) – In accelerazione i lavori del governo sul capitolo pensioni con la firma da parte del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni del decreto attuativo dell’Ape volontaria, l’anticipo pensionistico previsto per chi matura 63 anni e con 20 anni di anzianità contributiva alle spalle chiedendo un prestito alla banca.
Il conto lo pagano ovviamente i diretti interessati. L’anticipo infatti, a differenza dell’Ape social varata a maggio, è a pagamento. Ci sono commissioni e interessi. A provare a fare i calcoli il team economico della Presidenza del consiglio guidato da Marco Leonardi. In cambio di tre anni e sette mesi di anticipo, un pensionato da 3.000 euro lordi al mese avrà un assegno anticipato di poco superiore ai 1.600 euro. Poi, una volta maturati i requisiti per la pensione regolare, dovrà restituire 330 euro al mese. Il suo assegno sarà di 1.780, tra il 13 e il 15% in meno di quanto avrebbe percepito senza anticipo. Per quanto riguarda il tasso di interesse, anche se l’accordo tra il governo e l’Abi, l’associazione delle banche italiane, ancora non è stato siglato, si ipotizza che abbia un costo del 4,4%, anche se gli oneri del prestito potranno essere detraibili per il 50%.
A parte l’Ape volontaria, il governo continua la sua strada per definire insieme alle parti sociali il capitolo previdenziale da inserire nella prossima legge di bilancio 2017 e si sofferma sull’aumento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019. Tra le novità che faranno parte della prossima legge di bilancio, che costituirà un unico testo insieme alla legge di stabilità, compaiono anche uno sconto contributivo per le donne (in particolare per le madri) che vogliano accedere all’Ape e gli incentivi fiscali per i lavoratori di aziende in crisi che vogliano utilizzare la pensione integrativa o il Tfr per accedere all’Ape. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha poi confermato che lo sgravio per i neoassunti avrà effetto “permanente”.
Riguardo alle pensioni, se da una parte il governo Gentiloni sottolinea che il principio dell’adeguamento non si tocca anche perché metterlo in discussione creerebbe un caso con Bruxelles che in questo momento nessuno vuole aprire, dall’altra parte si delineano altre due strade percorribili. La prima prevede un aumento dell’età pensionabile più contenuto rispetto a quello finora ipotizzato, non più 5 mesi ma un paio al massimo, arrivando così nel 2019 a una soglia di 66 anni e 9 mesi. La seconda strada da percorrere prevede il blocco dell’aumento dell’età pensionabile, lasciandolo a 66 anni e sette mesi anche nel 2019, ma solo per chi svolge lavori usuranti, come infermieri, facchini e maestri d’asilo.
In ogni caso servirà l’ok dei sindacati che si preannuncia particolarmente difficile viste le ultime parole dette dalla leader della Cgil, Susanna Camusso secondo cui dal governo per ora solo risposte insufficienti che non riescono a creare un futuro per i giovani.