Giungono notizie poco rassicuranti sul versante pensionistico italiano. Se da una parte c’è sempre il dramma dei giovani che non andranno mai in pensione o che non potranno usufruire di un assegno previdenziale dignitoso, dall’altra le novità sulla pensione anticipata sono in realtà una mezza fregatura.
Tito Boeri, presidente Inps, ha lanciato un nuovo allarme sulle politiche che comportano il blocco della rivalutazione delle pensioni e l’incremento dell’età pensionabile: in questo modo, spiega Boeri, si rischia di andare verso un “sistema insostenibile”. Sarebbe un dramma in particolar modo per i giovani che ormai lavorano a singhiozzo e sono quindi penalizzati dal vecchio sistema di calcolo contribuivo dell’assegno Inps.
Se i giovani sono destinati a una pensione da fame, nemmeno gli anziani possono dormire sonni tranquilli. L’auspicata Quota 41 (che vuol dire andare in pensione con 41 anni di contributi, senza altri requisiti da maturare) rimane ancora nel mondo della fantasia: viene infatti applicata soltanto per un ristretto numero di lavoratori precoci (con almeno 12 mesi di contributi versati prima del diciannovesimo anno di età, più l’appartenenza a determinate categorie disagiate).
Anche per la Quota 100 le cose si fanno difficili. Sul capitolo della pensione anticipata rimane l’Ape ‘social’, che tuttavia può essere sfruttata da una platea relativamente ristretta. L’Ape volontario implica che i pensionati ‘precoci’ debbano indebitarsi per 20 anni con le banche, ottenendo in cambio al massimo tre anni di pensione anticipata.
C’è poi il discorso dell’aumento della quattordicesima, che vale in media appena circa 21 euro in più al mese.
La riforma Fornero, sulla quale è partita una raccolta firme per chiederne l’abolizione, resta insomma pressoché inalterata, con la prospettiva di un aumento dell’età pensionabile nel 2019 (se il dato Istat sulla speranza di vita farà scattare per legge l’aumento a 67 anni).