Quota 102 costerà allo Stato qualcosa come 176 milioni di euro nel 2022 e riguarderà un bacino di persone potenzialmente ristretto, non più di 16.800. Negli anni successivi la platea interessata sarà, nell’ordine di 23.500, 15.100, 5.500, per scendere a soli mille nel 2026.
Sono alcuni dei numeri trasmessi al Senato nella relazione tecnica che accompagna il ddl Bilancio elaborato dal governo. Nel complesso dei quattro anni la finestra di pensionamento anticipato proposta da governo Draghi e in attesa di ok parlamentare costerà 1,6 miliardi. Nettamente meno rispetto a Quota 100, che al lordo degli effetti fiscali è costata 2,18 miliardi nel 2019 e 3,53 miliardi nel 2020, ha calcolato l’Osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica (resta da quantificare il dato sull’anno in corso).
Quota 102 innalza l’età anagrafica minima per accedere al pensionamento anticipato da 62 a 64 anni, fermi i 38 anni di contributi versati. Si tratta comunque di un anticipo rispetto alla cornice della Legge Fornero, che prevede la pensione di vecchiaia a 67 anni.
Guardando oltre Quota 102
La proposta è stata molto al di sotto delle richieste dei sindacati, che il presidente Mario Draghi ha convocato per un nuovo confronto il prossimo 16 novembre a Palazzo Chigi. Ormai l’orizzonte del confronto guarda oltre la Legge di Bilancio e affrontando una più ampia riforma che potrebbe essere delineata nel Def del prossimo aprile.
Secondo i messaggi trapelati da Palazzo Chigi e dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il governo vorrebbe proporre un pensionamento anticipato a partire dai 62, ma con assegno calcolato con il solo metodo contributivo – che andrebbe a ridurre, dunque, il suo valore. “Tornare al contributivo non significa necessariamente tornare alla Fornero com’era”, ha dichiarato, Orlando, “lo sforzo che si può fare è mantenere l’impianto contributivo, ma costruire elementi di flessibilità che consentano di evitare alcune rigidità e andare così incontro ad alcune delle istanze del sindacato”.