Si allarga la platea dei beneficiari delle pensioni di reversibilità. È il risultato delle ultime sentenze di tribunali e Corte costituzionale, di cui la più recente a inizio aprile, che hanno aggiunto una serie di persone precedentemente escluse dal sostegno pensionistico dedicato ai familiari superstiti di un pensionato (o di un lavoratore) deceduto.
Pensione di reversibilità, che cosa è
Prima di entrare nel dettaglio delle novità, rese note dall’Inps, ricordiamo che la pensione di reversibilità è un trattamento economico che viene riconosciuto ai familiari di un pensionato deceduto: si tratta, in particolare, del pagamento mensile di una quota della pensione che veniva percepita dal defunto.
La pensione indiretta è riconosciuta nel caso in cui l’assicurato abbia perfezionato 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva ovvero 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la data del decesso.
Pensione di reversibilità, cosa cambia
A modificare il quadro, ci ha pensato in particolare la sentenza n. 88/2022 della Corte Costituzionale, che ha esteso il diritto alla pensione di reversibilità dei nonni anche ai nipoti maggiorenni, orfani dei genitori e inabili al lavoro.
In particolare, secondo le ultime comunicazioni Inps, ne hanno diritto:
- il coniuge o l’unito civilmente;
- il coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno divorzile, che non sia passato a nuove nozze e che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- i figli minorenni alla data del decesso del dante causa;
- i figli inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso, indipendentemente dall’età;
- i figli maggiorenni studenti, a carico del genitore, che non prestino attività lavorativa, che frequentano scuole o corsi di formazione professionale equiparabili ai corsi scolastici, nei limiti del 21esimo anno di età;
- i figli maggiorenni studenti, a carico del genitore, che non prestino attività lavorativa, che frequentano l’università, nei limiti della durata legale del corso di studi e non oltre il 26esimo anno di età
- in assenza del coniuge e dei figli (o se pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione), ai superstiti, i genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione e risultino a carico del lavoratore deceduto;
- in assenza del coniuge, dei figli o del genitore (o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti) ai fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto.
Quando un superstite è a carico
Come spiega l’Inps, il superstite è a carico del pensionato se sussistono le condizioni di non autosufficienza economica e di mantenimento abituale.
“Per l’accertamento della vivenza a carico – spiega Inps – assume particolare rilievo la convivenza con il defunto”. Inoltre, i figli studenti hanno diritto anche se svolgono un lavoro dal quale deriva un piccolo reddito “annuo non superiore a un importo pari al trattamento minimo annuo di pensione previsto dal Fondo Pensioni lavoratori dipendenti maggiorato del 30%, riparametrato al periodo di svolgimento dell’attività lavorativa”.