Nel sistema previdenziale italiano, grande importanza assumono i provvedimenti volti ad adeguare i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico all’incremento della speranza di vita (accertato dall’ISTAT).
La speranza di vita applicata alle pensioni è il meccanismo che aumenta i requisiti contributivi e anagrafici secondo l’adeguamento accertato dall’Istat.
Adeguamento agli incrementi della speranza di vita: la normativa
In origine è stato il comma 2 dell’articolo 22-ter del D.L. 78/2009 a prevedere che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico italiano dovessero essere adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT e convalidato dall’EUROSTAT, con riferimento ai 5 anni precedenti.
Successivamente la normativa in questione è stata interessata da numerosi interventi. La legge di bilancio per il 2018 è nuovamente intervenuta sulla materia, sia modificando il meccanismo di adeguamento alla speranza di vita, sia escludendo dall’adeguamento specifiche categorie di lavoratori e i lavoratori impegnati nelle cd. attività usuranti.
In primo luogo, per l’adeguamento dell’età pensionabile agli incrementi della speranza di vita si dispone:
- che si dovrà fare riferimento alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento rispetto alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente;
- che gli adeguamenti (a decorrere da quello operante dal 2021) non possono essere superiori a 3 mesi (con recupero dell’eventuale misura eccedente in occasione dell’adeguamento o degli adeguamenti successivi);
- che eventuali variazioni negative devono essere recuperate in occasione degli adeguamenti successivi (mediante compensazione con gli incrementi che deriverebbero da tali adeguamenti).
In secondo luogo, si dispone l’esclusione dall’adeguamento all’incremento della speranza di vita (pari a 5 mesi e decorrere dal 2019) per specifiche categorie di lavoratori e per i lavoratori impegnati nelle cd. attività usuranti.
Da ultimo, è stato emanato il decreto 5 novembre 2019 che dispone che dal 1° gennaio 2021 i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici non sono ulteriormente incrementati. Per quanto concerne l’accesso al pensionamento anticipato, l’articolo 15 del D.L. 4/2019 ha confermato che, fino al 31 dicembre 2026, questo si raggiunge con il possesso di un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (con un termine dilatorio di decorrenza, cd. finestra, di 3 mesi).
Aspettativa di vita: le tabelle
Nel 2018 si stima che gli uomini possano contare su una vita media di 80,8 anni e le donne di 85,2 anni. Nel tempo i vantaggi di sopravvivenza delle donne rispetto agli uomini si sono ridotti: il differenziale osservato ha raggiunto 4,4 anni – quasi un anno in meno rispetto a dieci anni prima – a testimonianza dei maggiori guadagni registrati per gli uomini. Così dice l’Istat nel Rapporto annuale 2019.
Sulla base della speranza di vita accertata a consuntivo dall’Istat per l’intero biennio 2017-2018, l’età di 67 anni valida da quest’anno per l’accesso alla pensione di vecchiaia resterà tale fino alla fine del 2021. Il limite anagrafico è stato confermato con un decreto ministeriale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 novembre).
L’adeguamento varrà per il biennio 2020-2021, mentre nel biennio 2023-2024 il requisito potrebbe aumentare di tre mesi, a 67 anni e 3 mesi quindi.
L’adeguamento del requisito di pensionamento alla speranza di vita è stato congelato fino al 2026 per l’accesso alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età.