MILANO (WSI) – Fari accesi sulle pensioni e su una probabile riforma che, secondo quanto annunciato qualche giorno fa dal Premier Matteo Renzi, potrebbe arrivare con la prossima legge di Stabilità 2017. Ma non sarà una riforma a 360 gradi, come ha chiesto più volte il numero uno dell’Inps, Tito Boeri, ma solo un aggiornamento delle regole attuali.
Con l’introduzione del cosiddetto APE, acronimo di Anticipo pensione per i lavoratori “più sfigati”, come li ha definiti Renzi, ossia i nati negli anni 51-53 che hanno subito l’aumento dell’età pensionabile a 66 anni.
“Rispetto al passato quando si andava in pensione a 39 anni, con 15 anni, sei mesi e un giorno, l’età pensionabile oggi mi pare troppo lunga. Ma rispetto all’aspettativa di vita no. Noi stiamo lavorando a un meccanismo che si chiamerà ‘Ape’ attraverso il quale chi vorrà potrà anticipare, con una decurtazione economica, l’ingresso in pensione soltanto per un certo periodo di tempo. Ci ha lavorato Nannicini, ha sentito l’Inps, il progetto è sostanzialmente pronto, c’è anche il logo”.
Così ha scritto su Facebook il Presidente del Consiglio facendo riferimento alla proposta di introdurre l’Ape su cui sta lavorando Tommaso Nannicini, il sottosegretario di Palazzo Chigi, che consente di anticipare, con una decurtazione economica, l’ingresso in pensione solo per un certo periodo di tempo. Secondo le prime indiscrezioni, per le pensioni più basse (fino a 1500 euro lordi), il taglio sarà del 2-3% per cento l’anno. Sopra questa soglia, la sforbiciata potrebbe essere del 5-8%.
Ma andare in pensione prima potrebbe significare perdere almeno una mensilità all’anno. A fare due conti è stata la Uil, che ha studiato l’anticipo pensionistico a cui sta lavorando il Governo, cioè l’accesso alla pensione con un anticipo fino a 3 anni rispetto al requisito anagrafico richiesto, da ‘pagare’ (attraverso un prestito di un istituto di credito, garantito dallo Stato), con una rata applicata sulla pensione.
Per calcolare quale potrebbe il costo per i futuri ‘pensionati in anticipo’, il servizio politiche previdenziali della Uil ipotizza un’indicizzazione del trattamento previdenziale pari all’1% per ogni anno e un tasso d’interesse applicato del 3,5%, pari a quello applicato dall’Inps per i prestiti pluriennali ai dipendenti pubblici. Orientativamente, l’anticipo “costerebbe” quasi una mensilità all’anno in meno da restituire nel corso della propria vita pensionistica.
Nel suo studio la Uil ha evidenziato che il prestito pensionistico è molto oneroso per il lavoratore. Ad esempio, un lavoratore che accedesse con un anno di anticipo e con un trattamento pari a 1.000 euro lordi perderebbe il 6,9% della pensione, ovvero il corrispettivo di un importo mensile netto in meno ogni anno.