ROMA (WSI) – Banco Popolare, Unicredit, Ubi banca sono alcune delle banche che hanno ritoccato o lo faranno con il saldo di fine anno i conti correnti dei propri clienti. “Una maggiorazione” di 25 euro per i clienti di Banco Popolare come recupero del contributo dell’istituto al Fondo nazionale di risoluzione delle crisi bancarie, il fondo istituito presso Banca d’Italia che ha permesso il salvataggio delle quattro banche finite in risoluzione nello scorso novembre.
Dal 1° luglio scorso invece è toccato ai clienti di Unicredit che hanno visto ritoccato il canone mensile di alcune tipologie di conto corrente – in particolare si tratta dei conti MyGenius Silver, Gold e Premium – di circa 2 euro al mese, portando il costo totale rispettivamente a 5,7 e 12 euro al mese. La banca di Piazza Gae Aulenti ha giustificato l’aumento con una serie di “eventi” che hanno comportato maggiori costi per l’istituto, così come scritto nero su bianco, nell’estratto conto del primo trimestre di quest’anno. Gli eventi a cui fa riferimento la banca sono l’aumento Iva del 2013, l’entrata in vigore dell’accordo Facta sulla lotta all’evasione fiscale operativo dal 2014 e l’adeguamento del sistema informativo e l’accordo per la creazione del single Resolution fund, il fondo di risoluzione europeo in vigore dal 1° gennaio 2016.
In estate è stata la volta di Ubi banca che ha aumentato di 12 euro i costi del conto corrente dei suoi clienti, giustificato da un aumento dei costi di produzione. I rincari, come sottolineano gli istituti coinvolti, sono dovuti alla situazione di crisi che sta vivendo oggi il sistema bancario con i tassi bassi, un’economia debole, a cui si aggiungono “costi normativi crescenti”.
A ben vedere però non tutte le banche hanno aumentato i costi dei conti correnti: non l’hanno fatto Intesa Sanpaolo, MPS né Bpm. Sul piede di guerra le associazioni dei consumatori come Adusbef e Federconsumatori che denunciano:
“Si tratta dell’ennesimo furto con destrezza ai danni dei correntisti costretti a pagare gli errori dei banchieri ed una gestione dissennata del credito e del risparmio”.
Fonte: La Stampa