Società

Per prima volta in 12 anni nomine toccano a un governo di centro sinistra

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ROMA (WSI) – La lista delle 350 nomine con cui Renzi dovrà ben presto fare i conti comincia imprevedibilmente dalla A di Arcus. Si chiama così una società dei Beni culturali costituita dieci anni fa per distribuire ogni anno milioni, con un consiglio lottizzato, senza passare per le procedure ordinarie. Tanto da aver suscitato serie perplessità sulla sua stessa esistenza, culminate nella sacrosanta soppressione decisa dal governo Monti. Ma prima che Arcus potesse esalare l’ultimo respiro, eccola resuscitare grazie a un provvidenziale emendamento al decreto «Del Fare» firmato nell’estate 2013, in piena stagione di larghe intese, dalla berlusconiana Elena Centemero, di professione insegnante.

Ed essendo tornata operativa, anche questa società rientra ora nel più grande giro di nomine pubbliche da molti anni a questa parte. L’ambasciatore Ludovico Ortona, che in vista dello scioglimento di Arcus era stato nominato da Monti amministratore unico, è il primo dei manager pubblici in scadenza che dovrebbe essere rinnovato o sostituito. Sono, appunto, 350. La fetta più grossa è costituita dai 74 consiglieri di amministrazione del gruppo Enel, a cominciare dai nove della holding, con in testa l’amministratore delegato Fulvio Conti. Seguono le società partecipate dalla Cassa depositi e prestiti: 51 poltrone, comprese quelle delle imprese del Fondo italiano d’investimento. E poi il gruppo Anas (43), la Finmeccanica (35), l’Eni (29), le Poste (29) e le controllate delle Ferrovie (24) e di Invitalia (15). Partite in qualche caso delicatissime, considerando che è la prima volta negli ultimi dodici anni che un governo a guida di centrosinistra ha la responsabilità di designare i vertici delle più grandi aziende di Stato. Dunque un banco di prova determinante per il governo di Matteo Renzi, che ha fatto trapelare l’intenzione di procedere a un rinnovamento profondo.

Il grimaldello, per quello che se ne sa, potrebbe essere l’applicazione di un criterio generale secondo il quale la durata massima delle cariche dovrebbe essere limitata a due mandati triennali. Un automatismo che garantirebbe il ricambio, ma che difficilmente si potrebbe applicare alle società quotate, dove la sostituzione di un manager «anziano» ma capace potrebbe non essere apprezzata dal mercato. Senza considerare che nella precedente tornata di nomine, lo scorso anno, hanno ottenuto la conferma anche capi azienda che avevano già oltrepassato quel limite, come gli amministratori delegati delle Ferrovie, Mauro Moretti, e di Invitalia, Domenico Arcuri.
Il tema che si profila è perciò come combinare la necessità di cambiare l’aria, in qualche caso assai stantia, con l’esigenza di preservare il merito. E vedremo pure se, e in che modo, i partiti continueranno ad avere voce in capitolo. I fedelissimi del Cavaliere, per esempio, si dicono certi che tanto Conti quanto soprattutto il suo collega dell’Eni Paolo Scaroni, entrambi nominati e confermati due volte da governi targati Silvio Berlusconi, non usciranno di scena. C’è chi sibila di garanzie arrivate dal fronte renziano. Solo fantasie?

Vedremo. Di sicuro scorrendo la lunga lista dei nomi in scadenza si può valutare la dimensione della partita che Renzi ha di fronte. Nel consiglio dell’Eni c’è per esempio Mario Resca, uno dei manager più apprezzati da Berlusconi, che l’ha voluto nel consiglio della Mondadori e alla direzione generale dei Beni culturali. Fra le varie società in attesa di rinnovo c’è poi la Consap, presieduta dall’ex Ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio e amministrata dall’ex direttore generale della Rai Mauro Masi. Alla Finmeccanica scadono tutti, anche il presidente nominato lo scorso anno dal governo Letta, che risponde al nome di Gianni De Gennaro, ex capo della polizia ed ex sottosegretario di Monti. Scade anche il consiglio di Italia Lavoro, dove troviamo Maria Lucia Galdieri: assessore al Lavoro e alla Pace, in carica (!), alla Provincia di Napoli governata dal centrodestra. E poi una piccola società dell’Eni, la Servizi fondo bombole metano, che ha riservato una poltroncina, udite udite, per Pasqualino De Vita, 84 anni suonati, ex capo dell’Agip e poi per tre lustri monarca dei petrolieri. Quindi Fs sistemi urbani, presieduta dal presidente delle Ferrovie Lamberto Cardia confermato nell’incarico giusto un anno fa, ex numero uno della Consob, ottant’anni il prossimo maggio. E Centostazioni, al cui vertice siede l’ex braccio destro di Biagio Agnes, Paolo Torresani. E la società Ricerca sul sistema energetico, con l’ex tesoriere di Forza Italia alla Camera, Alberto Di Luca. E la Banca del Mezzogiorno, con il segretario generale della Fondazione Italianieuropei Andrea Peruzy. E la compagnia aerea delle Poste Mistral Air, con l’ex senatore Andrea Corrado, leghista al pari del presidente di Posteshop, Mario Cavallin. E Difesa Servizi, società creata dall’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, nella quale trovano posto il suo ex consigliere Giovanni Bozzetti e il segretario generale della Fondazione Alleanza nazionale, Antonio Giordano. Per non parlare dell’Istituto sviluppo agroalimentare, società del ministero dell’Agricoltura amministrata da Annalisa Vessella, consigliere regionale in carica (!) della Campania e consorte dell’ex onorevole Responsabile Michele Pisacane….

Un lavoro immane, capace di mettere a dura prova i coraggiosi propositi del governo renziano. Che poi così solidi, alla prima verifica, non si sono certo rivelati. La dimostrazione? Per mandare subito un segnale era stata ventilata addirittura una direttiva ai ministri chiedendo loro di non scegliere stretti collaboratori provenienti dal Consiglio di Stato. Ebbene, è di ieri la notizia che il ministro più importante, il responsabile dell’Economia Pier Carlo Padoan, avrebbe scelto come capo di gabinetto il consigliere di Stato Roberto Garofoli, segretario generale di palazzo Chigi con l’ex sottosegretario Filippo Patroni Griffi, a sua volta consigliere di Stato.

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