MILANO (WSI) – L’attacco alle banche italiane, iniziato a febbraio, si fa più intenso nelle ultime concitate ore. I titoli del comparto perdono quota da qualche seduta alla Borsa di Milano perché gli investitori sono convinti che il (possibile secondo i sondaggi) insuccesso del governo nel referendum costituzionale del 4 dicembre possa deragliare i piani di risanamento dei gruppi in difficoltà patrimoniale come Mps e Unicredit. In caso di sconfitta bruciante, Renzi – che ha legato il voto al suo futuro politico – sarebbe probabilmente costretto alle dimissioni e si andrebbe alle elezioni anticipate tra un anno.
Una vittoria dei No nella consultazione popolare tra due settimane allontanerebbe poi gli investitori e ridurrebbe le chance di acquisto di equity di titoli quotati a Piazza Affari. I sondaggi danno in vantaggio del 5-7% il fronte del No alla riforma che prevede il superamento del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero di parlamentari e l’abolizione delle province.
Un’eventuale instabilità politica in Italia, stimano i mercati, rischia di complicare la ricerca di finanziamenti per i piani di aumento di capitale multi miliardari previsti dalle due banche. A dimostrazione della tensione per il futuro degli istituti di credito italiani più travagliati, le azioni Mps e UniCredit oggi sono finite in asta di volatilità (segui live blog di Borsa). Nelle ultime quattro sedute il settore bancario italiano (indice Ftse Italia Bank) ha accusato un calo del 9%. I ribassi sono di ben il -44% da inizio anno.
Se da un lato i bond delle banche italiane sono aiutati dallo scudo della Bce, nella forma del piano Quantitative Easing di acquisto di obbligazioni, anche societarie, di Mario Draghi, dall’altro i titoli azionari non possono giovare di alcun cuscinetto. A parte qualche caso particolare, come i bond subordinati di Mps che potrebbero essere sottoposti a una conversione obbligata in azioni, le azioni sono chiaramente percepite come maggiormente a rischio dal mercato.
Come chiesto anche dalla Bce in una lettera, Mps ha preparato la messa a punto di un piano di aumento di capitale e di smaltimento delle sofferenze, che però deve ancora attuarsi. Inoltre hanno incominciato a circolare voci su una conversione obbligatoria dei bond subordinati lower tier II in azioni. I piccoli investitori retail preferiscono ora chiudere la posizione in perdita, piuttosto che essere costretti a un’operazione indesiderata. L’alternativa sarebbe per loro con ogni probabilità il bail-in.
Da parte sua UniCredit ha allo studio un piano di ristrutturazione che prevede un aumento di capitale di fino a 18 miliardi di euro, da cui dedurre i ricavi da eventuali cessioni come Pioneer e la controllata in Polonia, accompagnato da accantonamenti monstre per fare pulizia di crediti deteriorati nei portafogli.
Il tutto mentre sul mercato del reddito fisso lo Spread tra Btp e Bund decennali si avvicina a grandi passi alla soglia di pericolo, che viene individuata dai commentatori di mercato di Lombard Report sui 200 punti base, che equivarrebbero anche ai massimi da metà 2013. Oggi il differenziale quota 185 punti base. È un po’ come se il mercato dei Btp già scontasse una vittoria del No al referendum.