Lo spread tra Bund e Btp si è ridotto nel corso dell’ultimo mese. Se dovesse tornare a salire i titoli di Stato italiani diventerebbero un’ottima opportunità di investimento
“L’Italia non farà mai default, pagherà sempre i suoi debiti”.
Sono parole rincuoranti quelle pronunciate da Ludovic Colin, responsabile Flexible Bond di Vontobel, nel corso di un incontro con i giornalisti tenutosi a Zurigo. Non sono però sufficienti a evitare il batticuore che prende agli investitori quando i titoli di Stato italiani cadono preda delle impennate dello spread.
Attualmente il differenziale tra i tassi di interesse del bund decennale tedesco e quelli del Btp italiano con lo stesso orizzonte temporale si attesta in area 240 punti, circa 40 in meno rispetto a un mese fa ma
“sono ancora tante le cose che possono accadere in Italia”.
Il riferimento del responsabile dell’obbligazionario flessibile, in particolare, è al rischio elezioni anticipate:
“Per ora non sono previste ma rimangono un’eventualità possibile e quindi un rischio”.
La polizza Bce
La discesa dello spread nel corso dell’ultimo mese è legata, in particolare, alle dichiarazioni di Mario Draghi dello scorso 6 giugno.
“Se dovessero realizzarsi eventualità avverse, la Bce è pronta ad agire e tutti gli strumenti sono nella sua cassetta degli attrezzi”
ha detto il presidente della Banca centrale europea.
Non è un “Whatever it takes” come quello pronunciato nel 2012 ma è comunque una bella polizza assicurativa per l’Italia e per l’Eurozona nel complesso. L’unico problema è che questa polizza assicurativa scatterebbe solo in momenti di tensione molto alta.
“Prima che scatti ci sarà da soffrire”
puntualizza Colin che identifica il livello di allarme del termometro spread a 300 punti. Nessuna fuga, tuttavia, dai titoli di Stato italiani che anzi potrebbero essere in quel momento un’opportunità in virtù dell’alto rendimento offerto.
“La domanda da porsi per un investitore che acquista Btp è: quanta volatilità posso sopportare?”.
Chi porta i titoli di Stato a scadenza non dovrebbe angustiarsi troppo se pensa che il Paese non fallirà
“si incasseranno le cedole e si avrà restituito il valore nominale del bond a scadenza”.
Un’economia diversificata di alto valore
Ma oltre alla polizza Bce, che verrà peraltro testata quando a novembre Mario Draghi lascerà la poltrona di presidente, quali altre ragioni sostengono la tesi del non fallimento dell’Italia?
Una spiegazione la fornisce Fitch Ratings che, nel suo ultimo giudizio sul Belpaese ha scritto che
“l’Italia è un’economia diversificata di alto valore”.
“Non sono tanti i Paesi in grado di produrre oggetti finiti di valore come fa l’Italia”
spiega invece Mondher Bettaieb Loriot, responsabile corporate debt di Vontobel che prosegue:
“Inoltre, l’Italia è un mercato di risparmiatori. Se aggiungi al debito dello Stato quello degli individui, il rapporto debito/Pil migliora tantissimo. Fino a quando sarà in grado di generare un surplus di bilancia dei pagamenti non ci sarà da preoccuparsi. Però è un Paese che ha bisogno di investire e forse il governo in carica non sta poi sbagliando così tanto”.
“La notizia positiva per l’Italia – interviene Colin – è che la maggior parte del debito statale è nelle mani degli italiani. Ed è normale visto che rende bene. L’altra buona notizia è che chiunque voglia investire in obbligazioni in euro non ha molti altri luoghi dove andare. In Europa ci sono 4.000 miliardi di bond con rendimento negativo. Perfino gli investitori spagnoli hanno Btp in portafoglio. Perché mai l’Italia dovrebbe fallire?”.
Forse l’Europa cambia
C’è un ulteriore tassello da aggiungere allo scenario delineato dagli esperti di Vontobel. Il risultato delle elezioni europee potrebbe favorire un cambiamento nelle politiche dell’Ue. In particolare, per Bettaieb:
“Il fatto che i tedeschi non abbiano più una ‘maggioranza di controllo’ è positivo. Dovranno cercare dei compromessi e non potranno più dettare agli altri il loro volere. L’accresciuta importanza dei verdi potrebbe favorire un flusso di investimenti infrastrutturali sul fronte ambientale, creando i presupposti per un’accelerazione dell’economia europea”.
Accelerazione che sarebbe positiva per tutti e in particolare per chi è più in difficoltà, come l’Italia.