Società

Perdonare, ma non dimenticare: l’insegnamento della recessione

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Un vecchio detto sostiene che l’ingenuo perdona e dimentica, mentre il saggio perdona, ma non dimentica. Sembrerebbe il motto dell’ultimo film del regista americano indipendente Todd Solondz, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e la cui storia e’ incentrata proprio sul rapporto molto stretto, ma anche estramente conflittuale, tra memoria e compassione.

In equilibrio precario tra comicita’ grottesca e sofferenza violenta, l’ultima opera cinematografica dell’autore di “Happiness” e’ costruita sulla forza dei silenzi, ma anche su dialoghi ripetitivi fino all’ossessione, in cui ricorrono i due elementi che danno il titolo al film: “Perdona e dimentica”. Essi possono coesistere cosi’ come annullarsi a vicenda. Si puo’ dimenticare senza bisogno di perdonare o perdonare ma mai riuscire a dimenticare.

Non e’ casuale che un regista statunitense abbia deciso di affrontare un aspetto di questo tipo: il tema e’ quanto mai attuale viste le ancora difficili condizioni economiche del Paese e si puo’ allargare allo stato d’animo del popolo americano intero, immerso in un periodo pregno di incertezza. Il ricordo della crisi subprime scoppiata nel 2007 e’ ancora vivo nelle menti degli statunitensi e l’economia fatica a decollare.

Il concetto, espresso in maniera esaustiva da Peter Atwater, presidente e amministratore delegato di Financial Insyghts, sul sito Minyanville, e’ semplice: piu’ a lungo durera’ la fase di recessione e maggiore sara’ il numero di ricordi che la gente avra’. Sara’ piu’ difficile perdonare chi ha sbagliato, ma, cosi’ come insegna il vecchio saggio, la cosa fondamentale resta ricordare, per evitare di commettere gli stessi errori. Siccome il periodo che stiamo attraversando e’ un’epoca storica, piuttosto che un isolato “evento” passeggero, la memoria gioca un ruolo fondamentale. Meglio dunque imparare la lezione.

Al pari delle tre famiglie protagoniste del lungometraggio di Solondz, vittime di tragedie caratteristiche del nostro tempo quali depressione, solitudine e pedofilia, un americano licenziato in piena crisi – la piu’ grave dai tempi della Grande Depressione negli anni ’30 – offre un quadro esemplare del dramma dell’America di oggi.

Anche in caso di nuova assunzione, nonostante l’euforia del momento tenderebbe con ogni probabilita’ a prevalere a livello emotivo, e’ difficile che la sua mente non venga tradita dai ricordi e finisca per viaggiare indietro nel tempo alle sfide e ai momenti difficili degli ultimi due anni, quando la disoccupazione e’ diventata la “nuova normalita’”, il presente uno stato di incertezza e la paura per il futuro la nuova compagna.

Non e’ la gravita’ della recessione che conta, bensi’ la sua lunghezza. I ricordi diventano attesa, la fase di stallo delusione. Due anni fa le autorita’ di politica monetaria stavano facendo di tutto per rilanciare gli Stati Uniti in una ripresa economica a V, nella speranza che i loro sforzi si traducessero in una rapida reazione.

Non e’ successo. E’ stato invece come fare un salto dal trampolino con gli sci. Ora che gli Stati Uniti sono atterrati nuovamente, sono molto piu’ alte le probabilita’ di attraversare una lunga fase a “L”. Stiamo costruendo i nostri ricordi, e come nel film di Solondz il passato piu’ duro da accettare e piu’ difficile da dimenticare – per quanto annebbiato esso sia – potrebbe essere la chiave per evitare di commettere di nuovo gli stessi errori. E chissa’ che gli americani non si riscoprano grandi parsimoniosi: a giugno il tasso di risparmio delle famiglie e’ salito al 4% del reddito, quattro volte sopra i livelli pre-crisi.