Roma – Ribelli siriani hanno accusato il regime del presidente Bashar al Assad di avere trasferito armi chimiche verso aeroporti situati ai confini del Paese: lo rende noto l’esercito siriano libero (Esl) in un comunicato all’indomani della dichiarazione da parte del governo di possedere armi chimiche e di essere pronto a utilizzarle in caso di “aggressione esterna”.
“Noi del comando congiunto dell’esercito siriano libero (Esl) sappiamo perfettamente dove si trovano queste armi e la loro posizione e riveliamo che Assad ha trasferito alcune di queste armi e apparecchiature per la miscelazione di componenti chimici verso aeroporti al confine” del Paese, si legge nel comunicato.
di Lorenzo Trombetta
“Se attaccati, le useremo”: per la prima volta il regime siriano ammette pubblicamente di possedere armi chimiche. E lo fa con una minaccia, mentre infuriano ad Aleppo, Damasco e in altre regioni della Siria le battaglie tra lealisti e ribelli con ondate di profughi e sfollati in fuga dalle zone colpite dalle violenze.
Pronta la risposta del presidente Usa Barack Obama: “la Siria sarà ritenuta responsabile per le armi chimiche”, il cui uso sarebbe un “tragico” errore. “La Siria ricorrerà alle armi chimiche solo in caso di aggressione esterna. Queste armi non saranno usate all’interno del Paese contro civili innocenti”, ha detto il portavoce del ministero degli esteri siriano Jihad Maqdisi rispondendo a chi – come Israele, Stati Uniti e Francia – teme che gli arsenali proibiti possano cadere in mani sbagliate.
“I depositi sono sotto il controllo dell’esercito”, ha assicurato, senza però ricordare che la coesione delle forze governative di Damasco viene erosa ogni giorno di più da defezioni e da perdite umane inflitte dai ribelli nei teatri della guerra in corso. Le cancellerie occidentali che da giorni – sull’onda delle notizie degli scontri nel cuore di Damasco – tracciano scenari di imminente caduta del regime di al Assad sono tornate a sollevare con forza il dossier delle armi proibite in possesso delle autorità siriane, condannando la minaccia di usarle.
Una minaccia “inaccettabile”, ha detto il ministro britannico William Hague. “Mostruosa”, ha rincarato il suo collega tedesco Guido Westerwelle. Mentre secondo il Pentagono il regime siriano “non dovrebbe pensare neanche un secondo di fare uso” di quelle armi. L’unica a gettare acqua sul fuoco è stata l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Catherine Ashton, affermando che “non c’é motivo di preoccupazione immediata”.
Sul terreno intanto si rincorrono notizie, impossibili da verificare in maniera indipendente, di esecuzioni sommarie a Damasco. Dopo la denuncia da parte di attivisti del ritrovamento di una ventina di corpi di giovani fucilati, in giornata si è diffusa la notizia del ritrovamento di altri 23 corpi: alcuni mutilati da baionette, altri con fori di arma da fuoco alla testa, altri ancora con crani schiacciati da ruote di camion. I Comitati di coordinamento locali riferiscono invece dell’uccisione, sempre a Damasco, di 14 miliziani dell’Esercito di liberazione della Palestina (Elp), formazione paramilitare vicina al regime di Damasco. Secondo le testimonianze, uccisi dai lealisti perché volevano disertare. Sempre a Damasco sono ripresi oggi gli scontri tra ribelli e governativi nel quartiere di Qadam. Ma la battaglia più violenta è quella in corso da stanotte ad Aleppo: numerosi video diffusi dai ribelli mostrano uomini armati della Brigata Tawhid dell’Esercito libero respingere l’assalto dei carri armati del regime e catturare almeno due tank di Damasco.
Fonti dell’opposizione parlano di almeno 50 uccisi, ma annunciano in serata di avere liberato alcuni quartieri dalle mani delle forze filo-regime. Altre battaglie nelle regioni di Homs, Hama ma anche in quelle frontaliere di Daraa a sud, Idlib a nord-ovest e Dayr az Zor a est. E il governo iracheno ha deciso l’apertura del valico di Qaim ai profughi siriani in fuga dopo che nei giorni scorsi Baghdad aveva respinto ogni richiesta di accoglienza. L’esodo dei profughi prosegue anche da Aleppo verso la Turchia, da Daraa verso la Giordania e dalla regione di Damasco verso il Libano. In tutto, secondo il conteggio delle Nazioni Unite, si registrano quasi 115mila profughi siriani fuggiti nei quattro Paesi confinanti, mentre non si hanno cifre delle decine di migliaia di sfollati che rimangono intrappolati nelle zone di conflitto all’interno della Siria. Intanto la Farnesina segue la vicenda dei due cittadini italiani scomparsi lo scorso mercoledì in Siria mentre si recavano all’aeroporto di Damasco per lasciare il Paese, attraverso contatti continui con “tutti i canali istituzionali”. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha sottolineato oggi al suo arrivo a Bruxelles: “Stiamo seguendo molto da vicino” la situazione, senza fornire altri dettagli.