NEW YORK (WSI) – È passato un anno dall’inizio della fase ribassista del petrolio, una delle più eclatanti della storia, ma il fattore principale dietro il crash dei prezzi, ovvero l’eccesso di offerta, rimane intatto. Mentre la produzione continua a crescere, le prospettive economiche globali, Cina in testa, spingono gli esperti a pensare che il trend dell’oro nero resterà orientato al ribasso. A ciò va aggiunto un altro elemento non meno importante, la produzione record dell’Opec e il ritorno del greggio iraniano sul mercato.
Dai 116 dollari dello scorso anno, il Brent è sceso fino a raggiungere i 45 dollari al barile a gennaio. “Il fattore trainante che ha spinto in basso i prezzi è la produzione giornaliera dei paesi aderenti all’Opec, passata da 29,79 milioni di barili al giorno ai 31 milioni attuali” ha detto alla Reuters Tamas Varga, analista di PVM.
A questo proposito, gli ultimi dati dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) pubblicati questi mesi lasciano pochi dubbi. Nel suo rapporto del mese di giugno, l’Aie ha alzato le previsioni sulla domanda mondiale di petrolio nel 2015 a 94 milioni di barili al giorno, con una crescita di 1,4 milioni rispetto agli 1,1 stimati nel rapporto di maggio. È stata però rivista al rialzo anche la produzione dei Paesi non-Opec, che dovrebbe aumentare di 1 milione di barili (dagli 830mila stimati in precedenza) a 58 milioni di barili al giorno. L’agenzia ha avvertito che “anche se i prezzi del petrolio sono stati sostenuti da squilibri temporanei nel settore della raffinazione, la situazione di eccesso di offerta persiste”.
“Non è ancora chiaro quando verrà raggiunto un equilibrio tra domanda e offerta. In un certo senso, pensiamo che tutta questa situazione stia peggiorando”, ha detto Vikas Dwivedi, responsabile globale della strategia di petrolio e gas di Macquarie.
(mt)