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Petrolio, Eni nel mirino: la Libia un puro azzardo, scommessa persa

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Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, afferma che il problema delle forniture di gas per l’Italia è un problema che non si pone : questo, mentre continuano il bagno di sangue e il caos della guerra civile che stanno mettendo in ginocchio il paese (e le sue infrastrutture).

Ma un articolo di The Christian Science Monitor descrive come la dipendenza dell’Europa- e in particolare dell’Italia – dalle forniture libiche di petrolio sia un fattore a dir poco preoccupante. D’altronde, se è vero che la Libia incide per appena il 2% sulla produzione globale di petrolio, è altrettanto vero che tutta l’Europa guarda con il fiato sospeso agli eventi in corso nel paese e trema per il suo destino.

Tremano ancora di più “paesi come Italia, Francia e Spagna, che hanno fatto affidamento nel corso del 2010 sulle forniture libiche rispettivamente per il 22%, il 16% e il 13% dei consumi complessivi di petrolio crude”. Più in generale, tutta l’Europa è destinaria dell’85% delle esportazioni di petrolio crude libico. E il punto, è che ora secondo le ultime indiscrezioni, almeno un terzo della produzione di petrolio libico è offline.

Il quadro è impietoso in quanto molti analisti ritengono che i blocchi alle forniture continueranno, soprattutto dopo le minacce arrivate dal regime di far esplodere le condutture petrolifere.”L’Europa deve scegliere se diventare più dipendente dalla Russia o dal Medio Oriente, o da entrambi”, afferma Herman Franssen, senior associate presso il Centro strategico e degli studi internazionali, e anche ex economista dell’Agenzia internazionale dell’Energia.

La situazione è critica soprattutto per l’Italia e la Spagna, che negli ultimi anni hanno scommesso sull’approviggionamento delle riserve petrolifere del paese. “I loro giganti energetici, come Eni e Repsol, hanno deciso di rimanere anche quando le compagnie americane e britanniche hanno lasciato il paese, a seguito dell’imposizione di sanzioni sulla Libia seguite alla tragedia Lockerbie, in Scozia, del 1988”, scrive la rivista.

L’Italia e la Spagna “sono diventate così sempre più dipendenti dal petrolio libico” e sicuramente, finora, “l’Italia è la più esposta”: sotto la leadership del premier Berlusconi, i legami Italia-Libia si sono intensificati non solo nel settore energetico, ma anche in altri comparti, quale quello finanziario e calcistico” Come ignorare per esempio l’articolo di oggi del Financial Times , che parla del dilemma in cui si trovano Unicredit e la Juve?: Il The Christan Science Monitor continua. “Ora, Berlusconi è ampiamente criticato per la sua scommessa andata male”.

D’altronde il punto, avverte Franssen, “è che non ci sono molti altri posti dove si può ottenere il perfetto sostituto del petrolio libico, che ha una qualità molto elevata. L’Europa sta tentando di diversificare il più che può, ma è vero che essa stessa non vuole puntare su quelle aree in cui la diversificazione potrebbe essere possibile”.