New York – Si scatenano gli investitori rialzisti sui prezzi del greggio. Mai prima d’ora nel mercato delle opzioni si erano visti tanti operatori puntare su un rialzo a quota $200 al barile per il greggio.
Questo per via del propagarsi delle rivolte in tutta la regione mediorientale e nordafricana. In particolare il mercato segue con estrema attenzione gli sviluppi nell’area ricca di risorse del Golfo Persico. L’11 e il 20 marzo previste manifestazioni di protesta, gia’ battezzate “giornata della collera”, in Arabia Saudita, il maggiore produttore di petrolio al mondo.
Il numero e’ salito ai massimi da luglio 2009, a causa della guerra civile libica e delle dimostrazioni – evento rarissimo – annunciate nel paese saudita. “Se si da’ un’occhiata alla volatilita’ e all’incremento dei soldi investiti nelle opzioni call nell’ultimo mese, il segnale e’ che gli operatori sono molto piu’ preoccupati che i prezzi si surriscaldino”, dice a Bloomberg Yingxi Yu, analista delle commodity di Barclays.
“La gente e’ preoccupata inoltre che le proteste si propaghino in altre areee della regione”. L’Arabia Saudita ha prodotto 9,71 milioni di barili al giorno nel 2009, un terzo della produzione totale dell’Opec, il gruppo dei maggiori esportatori di petrolio al mondo, e quasi sei volte quella della Libia.
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Le proteste svoltesi in cinque degli otto paesi confinanti del regno hanno spinto il Re Adullah a varare delle riforme per alimentare gli investimenti nell’immobiliare, nell’assistenza sanitaria e nell’istruzione nel tentativo di placare gli animi della popolazione sciita.
Se l’Arabia Saudita dovesse saltare, allora la situazione esplodera’. “Hanno speso $30 miliardi per venire incontro alle richieste della popolazione, pertanto stanno prendendo tempo, dice a Bloomberg Juerg Kiener, chief investment officer di Swiss Asia Capital. “Ma non credo che i problemi spariranno cosi’ in fretta”.