GINEVRA (WSI) – Con le loro pratiche discutibili a fini di lucro, da anni i commercianti svizzeri di petrolio mettono in serio pericolo la salute dei cittadini di paesi non industrializzati. Nell’inchiesta intitolata Diesel Sale, l’Ong Public Eye (ex Declaration de Berne) ha fatto luce sulle attività poco scrupolose degli operatori di greggio svizzeri in Africa.
Quattro degli esperti che hanno condotto l’inchiesta hanno lavorato tre anni per scoprire i “misteri” dal punto di vista chimico della benzina e del diesel distribuiti alle stazioni del continente africano dai giganti svizzeri del commercio di materie prime.
Il quotidiano Le Monde mette nero su bianco l’esito dell’indagine pubblicata oggi e parla di risultati “senza appello”: il carburante dei distributori analizzati ha una percentuale di zolfo tra 200 e 1000 volte più alta rispetto alla media europea, esponendo la popolazione africana interessata a sostanze chimiche cancerogene.
In nome del profitto, i commercianti effettuano miscele con prodotti tossici, particolarmente nocivi per l’ambiente e per la salute dei cittadini. Le operazioni di questo tipo sono peraltro rischiose e per questo vengono eseguite in mare, a qualche miglia dalla costa di Gibilterra o dei porti dell’Africa dell’Ovest.
I gruppi elvetici in questione hanno anche dato un nome a questa miscela dannosa per la salute: “qualità africana”. Il carburante tossico è distribuito principalmente nell’Africa dell’Ovest, dove chi fa affari nelle materie prime può trarre vantaggio dalle regolamentazioni che permettono ancora l’importazione di diesel e di benzina contenente una quantità elevata di zolfo. I paesi presi in esame nell’inchiesta di Public Eye sono stati i seguenti: Angola, Congo-Brazzaville, Benin, Ghana, Costa d’Avorio, Mali, Senegal e Zambia), mentre le società coinvolte sono Trafigura, Vitol e Oryx.
Più di due terzi del petrolio distribuito dalle pompe di benzina contiene un tasso di zolfo superiore a 1.500 parti per milione (ppm), unità di misura utilizzata in chimica che sta a indicare un rapporto tra quantità misurate omogenee di un milione a uno. In Europa, ma anche in Cina e Stati Uniti, il limite è di 10 ppm. In Mali sono stati registrati picchi di 3.780 ppm.
Le grandi società di commercio di materie prime svizzere si difendono dalle accuse, sostenendo di rispettare le leggi dei paesi in cui operano. Dicono di rispettare gli impegni presi dall’Associazione dei Raffinatori Africani (ARA), che per migliorare la qualità dei carburanti che importano, mischiano e rivendono e distribuiscono sul continente africano. Un particolare: gli operatori citati fanno parte della stessa associazione, situata a Ginevra.
Fonte: Le Monde