La corsa del petrolio si è interrotta bruscamente dopo che la Federal Reserve, al termine dell’incontro del 15-16 giugno, ha anticipato le tempistiche per il rialzo dei tassi (con i primi due interventi già dal 2023).
Intorno alle 19 italiane il barile Wti è in calo del 3,08% a 69,93 dollari, mentre il Brent è in calo del 3,06% a 72,11 dollari. Una frenata che però non mette il discussione il lungo rally che nel corso degli ultimi 12 mesi ha visto il Brent mettere a segno un rialzo dell’80% e del 40% da inizio anno.
A influenzare i prezzi del greggio è stato il rafforzamento del dollaro provocato dalla virata conservatrice della Fed: il Dollar index, che traccia il valore del biglietto verde in rapporto a un paniere di altre valute, indica un apprezzamento dello 0,61%, il 17 giugno, con un incremento superiore all’1,5% rispetto al livello precedente alla pubblicazione del comunicato della Fed di mercoledì. Con il rincaro del dollaro, valuta di scambio del greggio, diventa più costoso l’approvvigionamento in altre divise – con possibili ripercussioni negative sulla domanda.
Un’offerta insufficiente può guidare nuovi rialzi
Almeno fino a martedì un crescente gruppo di analisti (inclusi Glencore e Goldman Sachs) vedeva la possibilità di un ritorno del petrolio a quota 100 dollari, un livello visto l’ultima volta nel 2014.
A giustificare i futuri rialzi sarebbe, in particolare, la prospettiva di un’offerta contenuta in rapporto alla domanda che si farà avanti nei prossimi mesi.
“Il problema del petrolio non è la domanda” , bensì “la situazione dell’offerta [che] è piuttosto preoccupante”, ha dichiarato al Ft Commodieties Global Summit del 15 giugno Jeremy Weir, presidente esecutivo di Trafigura, un operatore petrolifero specializzato. “Siamo passati dall’avere 15 anni di riserve a 10 anni”, ha aggiunto, “abbiamo visto la spesa in conto capitale passare da cinque anni fa a 400 miliardi di dollari l’anno a soli 100 miliardi di dollari l’anno. Quindi, c’è una preoccupazione dal lato dell’offerta… la quale penso che probabilmente farà aumentare i prezzi”.
Anche per Alex Sanna, trader di petrolio di Glencore, il petrolio a quota 100 dollari potrebbe essere più vicino: “Se si sta tagliando l’offerta senza allo stesso tempo soddisfare la domanda, è allora che puoi ottenere dislocazioni dei prezzi… ci si trova ad appena uno o due eventi di distanza da un picco sostanziale dei prezzi del petrolio”.
A complicare lo scenario per l’offerta ci sono, poi, le trattative fra Washington e Teheran sul possibile ripristino dell’accordo sul nucleare. L’accordo potrebbe sbloccare sui mercati un’offerta aggiuntiva di petrolio di 1-2 milioni di barili al giorno. Questo venerdì la Repubblica islamica sarà chiamata ad eleggere il successore di Hassan Rouhani alla presidenza, con Ebrahim Raisi, l’attuale capo della Giustizia, nettamente favorito per la vittoria.