Le rinnovate preoccupazioni per l’indebolimento dell’economia mondiale continuano a spingere verso il basso le quotazioni del petrolio. Reduce da una settimana in calo del 2,7%, il greggio ha chiuso ieri un’altra seduta in perdita. Il contratto luglio al Nymex ha ceduto 58 centesimi, l’1%, a 51,93 dollari al barile.
Un trend destinato a continuare, secondo gli analisti di Bank of America Merrill Lynch che hanno fissato a 40 dollari al barile il nuovo obiettivo di prezzo del Wti, target che implicherebbe una contrazione di circa il 23% dai valori attuali. Riviste al ribasso anche le stime sul Brent, che dovrebbero raggiungere nel secondo semestre dell’anno 63 dollari dai 68 precedenti.
Pur individuando tre elementi che potrebbero stabilizzare i prezzi del barile, gli esperti della banca d’affari americana hanno messo in guardia dai pericoli di ulteriori cali.
A sostenere le quotazioni potrebbero essere tagli dei tassi da parte della Federal Reserve, un freno alla produzione dell’Opec e un passo indietro di Donald Trump nelle tensioni commerciali. Tuttavia, sostengono gli analisti, questi tre fattori “potrebbero non essere sufficienti per prevenire una caduta dei prezzi se i negoziati tra Usa e Cina e l’Iran si fondono in un’unica questione”.
L’idea è che
“se le raffinerie cinesi iniziano a comprare petrolio iraniano (sanzionato dagli Usa, ndr) in grandi volumi e in modo sostenuto, il Wti potrebbe scendere 40 dollari al barile”.
Nel frattempo, l’Energy Information Administration americana ha previsto un balzo di 70mila barili al giorno a 8,52 milioni di barili al giorno della produzione a luglio in sette delle principali aeree in Usa dove viene prodotto lo shale oil. Solo nel Permian Basin, che copre parti del Texas e del New Mexico, è atteso un balzo di 55mila barili al giorno a luglio rispetto a giugno.