NEW YORK (WSI) – Si esaurisce il balzo dei prezzi del petrolio dopo la smentita della notizia, riportata in mattinata, secondo cui la Russia ha aperto la porta a una discussione in sede Opec per abbassare l’offerta. I delegati dell’Opec hanno fatto sapere che non c’è nessun incontro in vista.
I prezzi del greggio sono tornati a salire in giornata sui mercati, perché un accordo per la riduzione dei livelli di produzione potrebbe evitare a molti paesi di finire in recessione e a molte società di fare default, ridando nuova linfa all’oro nero sui mercati.
Era stato lo stesso ministro dell’energia della Russia, Alexander Novak, a dare la notizia: Russia e Arabia Saudita stanno lavorando insieme per un taglio congiunto dell’offerta di petrolio e, precisa Novak, l’Arabia Saudita ha proposto una riduzione fino a -5%, da parte di entrambi i paesi, al fine di sostenere i bassi prezzi del greggio.
Novak ha riferito anche ai giornalisti che si sta discutendo sulla proposta di organizzare un meeting congiunto tra i paesi produttori che appartengono al cartello dell’Opec e i paesi non-Opec, e che la Russia è pronta a partecipare alla riunione.
Evaporati tutti i rialzi
Immediato è stato il boom temporaneo dei prezzi del petrolio, con il contratto WTI scambiato a New York +3,90%, a $33,56 al barile e il Brent Crude +4,41% a $34,56. Poco più tardi, però, è arrivata la doccia fredda e al momento i contratti britanici sono tornati in area 33,50 dollari al barile.
Il cartello dei maggiori produttori del mondo della materia prima aveva lanciato nei giorni scorsi un appello ai paesi non membri per collaborare in modo da riportare i valori del greggio su livelli fisiologicamente “più normali” e nuovamente convenienti per le aziende energetiche e i paesi esportatori. Ma per salvaguardare la propria indipendenza, il Cremlino non aveva mai voluto “mischiarsi” negli affari dell’Opec, tanto meno entrarne a far parte.
La crisi è talmente grave e il crollo del petrolio tale che la Russia è stata a sorpresa tra i primi paesi non Opec ad accettare l’invito, dicendo che il governo è pronto a lavorare con l’Arabia Saudita e gli altri membri dell’Opec per trovare un modo per diminuire il numero di barili prodotti e alimentare i prezzi. Lo ha detto per primo il leader di Transneft, gruppo che ha un monopolio in Russia negli oleodotti.
Le dichiarazioni, unite ai dati sulle scorte di petrolio settimanali in Usa, hanno contribuito al rally dei futures sul petrolio in Borsa. Il contratto sul Brent londinese già in mattinata si era riportato sopra i 32 dollari al barile mettendo a segno rialzi di anche il 5% nel suo momento di picco massimo. Poi i contratti avevano ridotto i guadagni.
Nikolai Tokarev, alla guida di Transneft, ha accennato la possibilità che Mosca, il più importante dei paesi non membri dell’Opec, inizi a collaborare con il cartello nel tentativo di porre rimedio a quello che è da più di un anno un eccesso di offerta. Tre giorni prima di lui Leonid Fedun, vicepresidente di Lukoil, aveva anche lui ventilato l’idea.
Da giugno 2014 i prezzi dell’oro nero hanno perso più del 70% del loro valore. I contratti sul Wti valevano 108 dollari prima di scendere fino al bottom di 28 dollari al barile qualche settimana fa. Per molti gruppi petroliferi il livello di prezzo cosiddetto break-even, linea di demarcazione tra il fare profitti e incassare perdite dalle attività nel settore, è di 35 dollari al barile.
Fonte: CNBC