di Alessandra Caparello
Fare di più per l’Africa, per fare fronte alle tante emergenze umanitarie, a partire da quella somala che per l’Onu è “una delle peggiori crisi umanitarie al mondo”, e contenere i flussi di migranti illegali. Ma anche per sostenere lo sviluppo economico e la stabilizzazione sociale di Paesi nei quali altrimenti, senza un “ruolo forte” dell’Italia e dell’Europa si aprono inevitabilmente le porte “all’ingresso di altri attori”. Questo l’obiettivo del Piano Mattei. , presentato dalla premier Meloni nel gennaio scorso e rilanciato il 15 aprile scorso, in occasione del viaggio della presidente del Consiglio ad Addis Abeba. “Ci stiamo lavorando” soprattutto “ascoltando” e “coinvolgendo” i paesi africani, assicura la premier.
Piano Mattei: cosa prevede
Il piano prende il nome dal fondatore di Eni, Enrico Mattei, che ha garantito al Paese un’impresa energetica nazionale, in grado di assicurare quanto serve ai bisogni delle famiglie e allo sviluppo della piccola e media impresa a prezzi più bassi rispetto a quelli degli oligopoli internazionali. Era il 1953 quando Mattei ha fondato Eni (acronimo di Ente Nazionale Idrocarburi), dopo una lunga e travagliata discussione – iniziata nel 1947 -, tra chi sosteneva ad oltranza l’iniziativa privata e quanti erano fautori di una forte presenza dello Stato nell’economia. Come si legge sul sito dell’Eni:
“È in quegli anni che il fondatore di Eni costruisce una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale: questo diviene uno dei punti di forza che Eni, oltre gli interessi specifici, sa offrire all’azione diplomatica dell’Italia. È tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse. Il 27 ottobre 1962 il suo aereo, proveniente da Catania diretto a Linate, precipita a Bascapè in provincia di Pavia. Muoiono Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista americano William McHale”.
All’epoca Mattei aveva previsto uno schema di cooperazione nel mercato petrolifero, dominato da grandi compagnie petrolifere che lasciavano poco agli Stati. E’ proprio qui che si inserisce l’idea rivoluzionaria di Mattei: garantire a queste nazioni la maggior parte degli introiti, superando la regola in vigore da più di un secolo del 50 e 50 tra aziende petrolifere e Paesi produttori.
Proprio come il modello di Mattei, Meloni pensa a un “modello di cooperazione non predatorio, in cui entrambi i partner devono poter crescere e migliorare”. Il piano prevede di arrivare entro due anni al totale sganciamento dal gas russo, per poi crescere progressivamente come hub di distribuzione di energia dal Nord Africa al cuore dell’Unione europea.
E con la visita ad Algeri, Giorgia Meloni getta le basi per la creazione dell’hub energetico, “una porta sull’Europa” con i memorandum siglati con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune. Oggi l’Algeria è il nostro principale fornitore di gas.
Il ruolo di Eni
In questo solco si muovono gli accordi tra Eni e l’algerina Sonatrach, volti a migliorare la capacità di esportazione di energia del Paese nordafricano. Le due compagnie energetiche hanno firmato nuovi accordi proprio durante il primo viaggio ad Algeri della premier Giorgia Meloni. L’Algeria lo scorso anno è stata il maggior fornitore di gas dell’Italia, sostituendo una parte significativa delle importazioni che in precedenza provenivano dalla Russia.
Proprio il ceo di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato che dall’inverno 2024-2025 si potranno sostituire i flussi gas provenienti dalla Russia e il piano di potenziamento delle forniture è basato sulle risorse che Eni ha scoperto e produce in diversi paesi in cui opera.
Nel dettaglio, sono state firmate due intese da Eni e la sua omologa algerina, un’intesa per ridurre le emissioni di gas serra, quindi per uno sviluppo sostenibile, e l’altra è per giungere ad un incremento delle esportazioni di gas dall’Algeria all’Italia e all’Ue.
Gli accordi di memorandum con l’Algeria includono l’individuazione delle opportunità per incrementare le esportazioni di energia dall’Algeria verso l’Italia, attraverso, la realizzazione di un nuovo gasdotto anche per il trasporto di idrogeno, la posa di un cavo elettrico sottomarino e l’aumento della capacità di produrre gas. A questo si aggiungano gli obiettivi di riduzione delle emissioni nelle strutture produttive di idrocarburi in Algeria e la riduzione del gas flaring. Il memorandum prevede iniziative di efficienza energetica, sviluppo di rinnovabili, produzione di idrogeno verde e progetti di cattura e stoccaggio di anidride carbonica, a supporto della sicurezza energetica e allo stesso tempo per una transizione energetica sostenibile.