ROMA (WSI) – Giornata importante quella di oggi per quanto riguarda il tema delle pensioni, con l’apertura del tavolo di confronto, indetto dal ministro Giuliano Poletti a cui parteciperanno oltre ai sindacati, Cgil, Cisl e Uil anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, colui che sta studiando l’ipotesi di anticipo pensionistico annunciato da Renzi, il famoso Ape.
All’ordine del giorno tutte le misure previdenziali che potranno entrare nella prossima Legge di Stabilità, il cui fulcro è la maggiore flessibilità, voluta dal governo di Renzi che studia un’uscita anticipata dal lavoro con penalizzazione differenziata in base alla categoria, fino a un massimo del 12%. Più che di anticipo della pensione, l’Ape voluto dall’Esecutivo si configura come una sorta di prestito che erogheranno banche e assicurazioni – l’Inps non dovrà scucire nemmeno un euro – e che i pensionati dovranno restituire a piccole rate una volta raggiunti i requisiti richiesti dalla legge per la vecchiaia. Ad essere interessati dalla riforma in prima battuta saranno i nati tra il 1951 e il 1953 e solo in un secondo momento la riforma verrà estesa negli anni successivi.
Così Il Giornale, che riporta quanto scritto da Il Messaggero:
“Come anticipa il Messaggero, il governo Renzi vuole maggiore flessibilità nei meccanismi della legge Fornero evitando, però, aggravi di spesa previdenziale. Insomma, l’Inps non dovrà scucire un solo euro in più, nemmeno nel breve termine. Per questo la riforma che ha in mente Matteo Renzi non è propriamente un trattamento pensionistico anticipato bensì una sorta di prestito erogato dagli istituti di credito. I pensionati saranno, poi, chiamati a “restituire a piccole rate” la somma anticipata “una volta raggiunti gli effetti requisiti per la vecchiaia”. “Di fatto – spiega Luca Cifoni sul Messaggero – ci sarà una penalizzazione tra l’1 e il 4 per cento in base al reddito e probabilmente anche alla categoria a cui appartiene il lavoratore”. La riforma interesserà, in primissima battuta, i nati tra il 1951 e il 1953. Solo in un secondo momento sarà estesa anche alle annualità successive.
Durante il tavolo di confronto il ministro Poletti e il sottosegretario Nannicini dovrebbero presentare il piano per assegnare il famoso bonus Irpef da 80 euro al mese anche alle pensioni più basse, come annunciato dal Premier Renzi, intervistato a Radio 105.
“Gli 80 euro ai pensionati è una misura che stiamo studiando per vedere a quale fascia destinarli. Ci sono le minime, che oggi prendono davvero pochissimo stiamo discutendo con serietà: abbiamo un tot di soldi, ne abbiamo ottenuti di più perché siamo stati bravi a fare le riforme, scegliamo insieme dove metterli ma non si può fare tutto insieme”.
Intanto, rimanendo sul tema pensioni, fa discutere il piano di dismissioni immobiliari dell’Inps guidato da Tito Boeri. Il patrimonio immobiliare dell’Istituto nazionale di previdenza sociale ammonta a circa 2 miliardi di euro a fronte di quasi 300 miliardi di prestazioni previdenziali che l’Istituto eroga ogni anno.
La domanda principale che ci si pone è dove sono le case in cui sono finiti i “soldi dei pensionati” e come vengono gestite. In merito il Civ dell’Inps, il Consiglio di vigilanza dell’istituto previdenziale, a cui è stato attribuito il compito di controllare la gestione, ha bocciato il piano di dismissioni immobiliari che servirà a Renzi e non a risanare i conti in rosso del’Istituto.
Come scrive Il Giornale, riportando le parole di Luigi Scardone, rappresentante della Uil nella Civ, il patrimonio Inps “è dei lavoratori”, costruito con i loro contributi in busta paga e con quelli delle aziende. A pesare nella bocciatura del piano di dismissioni le ultime dichiarazioni che hanno fatto emergere delle divergenze di vedute ai piani alti della politica.
“Un esempio recente? Il premier Matteo Renzi annuncia la chiusura di Equitalia. «Peccato che il 49% della società di riscossione sia dell’Inps. Nessuno ci ha interpellato, ma dovremmo sapere che fine fanno quei soldi se la chiudono». È anche vero che lo Stato integra i fondi della previdenza, ma «il patrimonio dell’istituto è essenzialmente composto con i soldi delle imprese e dei lavoratori». Quindi non se ne può disporre liberamente. Non delle quote azionarie di Equitalia ma nemmeno del patrimonio immobiliare(…) A convincere tutti i sindacati a dire no al bilancio è stata anche questa convinzione. Gli immobili Inps sono da anni destinati alla privatizzazione. A sancire che dovessero finire tra le cessioni fu il ministro Giulio Tremonti, ricorda Scardaone”.
I proventi delle dismissioni degli immobili dell’Inps “andranno nel calderone delle privatizzazioni, non a rimpinguare le casse sempre più in rosso della previdenza italiana”. Laconico il commento di Carmelo Barbagallo della Uil:
“Il rischio è che come sta succedendo ormai da tanti anni, è che l’Inps resti il bancomat dei governi (…) un bancomat generoso, ma collegato ai conti di lavoratori e aziende”.