MILANO (WSI) – Piazza Affari recupera qualche posizione nella classifica relativa alla capitalizzazione delle principali borse mondiali ma in un arco di dieci anni il listino milanese ha perso circa un quarto del suo valore.
Se si includono i dividendi il saldo dell’investimento diventa positivo ma il rendimento medio annuo lordo è comunque battuto da quello dei titoli di Stato a breve termine. E’ questa la fotografia che emerge dal rapporto “Indici e dati” 2014 a cura dell’ufficio studi di Mediobanca.
Da fine 2003 al 15 ottobre 2014 l’indice milanese ha perso il 25%, e se Atene ha fatto decisamente peggio con un calo di oltre il 60% le altre principali borse europee – Francoforte, Londra, Parigi ma anche Madrid – e internazionali mostrano tutte risultati positivi, in alcuni casi anche a tre cifre, come per il Nasdaq.
Comprendendo i dividendi il rendimento dell’indice All Share di Mediobanca nel periodo evidenzia un +19%, pari a un dato medio annuo lordo di +1,63% che non riesce però a tenere il passo con quello dei Bot (+2,3%).
Quanto ai settori, l’investimento in titoli bancari soccombe rispetto agli industriali (i primi hanno perso quasi il 5% medio annuo, i secondi hanno guadagnato altrettanto). Continua a sovraperformare il segmento Star, che dalla sua istituzione ha sempre garantito rendimenti migliori del mercato.
Tra le azioni ordinarie continuamente ‘in vita’ dal 1984 la palma d’oro per i rendimenti medi annui complessivi più elevati va a Intesa Sanpaolo ex Nuovo Banco Ambrosiano (+10,9%). Mediobanca (+8,1%) e Generali (+8%) superano il +7,6% dei Btp, a differenza di UniCredit con +6,4%.
Nell’industria nessuno dei titoli longevi ha tenuto il passo dei Btp: Fiat +6,8%, Pirelli & C. +6,6% e Finmeccanica +3,3%. Fanalino di coda, insieme con UnipolSai (-5,5%), Telecom (la vecchia Olivetti), in negativo negli ultimi 30 anni e mezzo per un -1,3% medio annuo.
PIAZZA AFFARI, VENTESIMA PER CAPITALIZZAZIONE NELLA CLASSIFICA MONDIALE
Nella graduatoria per capitalizzazione la borsa di Milano nel 2003 era undicesima al mondo, con 490 miliardi di euro: da allora si è assistito a un forte dinamismo delle piazze emergenti mentre Piazza Affari è rimasta al palo.
A giugno 2014 la Borsa italiana è in ventesima posizione, qualche gradino più in alto rispetto a un anno prima perché è riuscita nuovamente a superare Messico, Indonesia e Malesia, che l’avevano sopravanzata di recente.
Dopo le turbolenze dei mercati che avevano ridotto il valore di Piazza Affari a fine 2011 a 332 miliardi di euro (21% del Pil italiano, valore inferiore anche ai 369 miliardi dell’anno di crisi 2008), si è registrata una progressiva ripresa sino ai 496 miliardi a giugno 2014 (32% del Pil). A metà ottobre il valore si è poi portato a circa 438 miliardi (28% circa del Pil).
Il settore industriale, confinato negli anni del boom bancario a una quota che aveva toccato a fine 2005 la sua minima rappresentatività (56% della capitalizzazione totale), ha successivamente iniziato una ripresa che lo ha portato a salire progressivamente sino al 76% del 2011 per poi arretrare nuovamente giungendo al 69% del giugno 2014.
Di contro il peso delle banche, pressoché dimezzato nello spazio di un quinquennio (dal 32% del 2006 al 17% del 2011, il minimo degli ultimi 15 anni), ha ripreso quota negli ultimi due anni e mezzo sino al 23% del giugno scorso. Resta limitata la quota delle assicurazioni, ferme all’8%.
Se si guarda agli scambi la Borsa italiana dimostra una certa liquidità, collocandosi al secondo posto della classifica in base all’indice di rotazione (rapporto controvalore scambi/capitalizzazione complessiva). Nella media del decennio 2004-2013 il Nasdaq si conferma il mercato di gran lunga più attivo con un rapporto di 5,3 volte, seguito da Piazza Affari con 1,70 (1,47 la media generale).
SCENDONO DIVIDENDI, DA BANCHE SOLO 1,3 MLD
Più di dieci miliardi e mezzo di differenza in soli sette anni. A tanto ammonta il crollo dei dividendi distribuiti dai titoli bancari presenti a piazza Affari, secondo quanto rivela il rapporto 2014 ”Indici e dati” divulgato dall’Ufficio studi di Mediobanca.
Si tratta della quota più bassa dal 1997, corrispondente a 1,3 miliardi, quasi un decimo di quanto veniva corrisposto nel biennio 2006-2007, gli anni immediatamente precedenti la grande crisi. Un segnale, dicono gli analisti, di quanto il settore bancario si sia fatto più prudente, raggiungendo una quota di dividendi che nel 2013 non ha superato il dieci per cento del totale distribuito da assicurazioni, industria e istituti di credito. A differenza, sottolineano gli esperti di Mediobanca, di quanto accaduto nei due anni d’oro dei dividendi bancari, il 2006 e 2007, in cui la quota arrivò a sfiorare il 39 per cento del totale dei tre settori.
Oggi invece le banche sono divenute le società che distribuiscono meno dividendi, se comparate a quelle assicurative (1,6 miliardi nel 2013, il 12,4 per cento del totale) e soprattutto industriali (10 miliardi l’anno scorso, corrispondenti al 77 per cento del totale, il minimo dal 2007). Diverso l’approccio alle operazioni di capitalizzazione, in cui proprio le banche rappresentano il settore più attivo.
Secondo il rapporto dell’Ufficio studi, sarebbero 9,2 i miliardi raccolti dagli istituti italiani nei primi sei mesi del 2014, di cui la metà accumulati da Monte dei Paschi (5 miliardi), uno e mezzo da Banco Popolare, 800 milioni per Banca Carige, 750 dalla Popolare Emilia Romagna, 500 dal Credito Valtellinese e 343 dalla Popolare di Sondrio. A questi va aggiunto un altro miliardo di capitalizzazione a vantaggio del settore industriale, di cui le metà raccolto da Italcementi. (Adnkronos)