(9Colonne) – Roma, 26 giu – Il progetto di aggregazione tra le borse di Milano e di Londra allontana il rischio di isolamento del mercato italiano. Qualche problema, però, sia sul versante antitrust britannico, sia riguardo ai costi di negoziazione, si pone. Ne parla, su lavoce. info, Angelo Baglioni, professore di Economia monetaria presso l’Università Cattolica di Milano. “Un aspetto delicato dell’operazione è costituito dall’impatto sulla concorrenza tra mercati. Al contrario della Borsa di Londra, quella di Milano presenta un forte grado di integrazione verticale: le società che gestiscono gli scambi e le fasi successive allo scambio (Cassa di compensazione e garanzia e Monte titoli) appartengono allo stesso gruppo. Questa è una caratteristica del mercato italiano che non piacerà alle autorità antitrust inglesi, e per buoni motivi. I legami verticali si prestano a un utilizzo anticoncorrenziale: ad esempio, una società-mercato può indurre le sue strutture di post-trading a penalizzare altri mercati che volessero utilizzare quelle strutture per farle concorrenza – offrendo servizi di scambio sugli stessi titoli. Già in occasione dei progetti di fusione tra Lse e la Borsa di Francoforte o quella di Parigi (poi finite in nulla), la Competition Commission si era espressa in via preventiva molto chiaramente: il benestare alle operazioni era subordinato all’allentamento dei legami verticali, sia attraverso una riduzione della partecipazione azionaria delle società di trading in quelle di post-trading, sia riducendo la presenza della prime nei cda delle seconde, sia grazie a impegni a non utilizzare in modo discriminatorio le strutture di post-trading. Se la Competition Commission dovesse intervenire ed essere altrettanto esigente con la Borsa italiana, qualche caratteristica rilevante del progetto d’integrazione con Londra dovrà essere meglio definita”. Baglioni si chiede poi chi si gioverà dell’operazione. “Gli azionisti e i manager delle società-mercato sono chiaramente interessati all’accordo. Per gli investitori vi sono i benefici che derivano dalla maggiore liquidità di un mercato integrato, grazie all’opportunità di accesso reciproco Milano-Londra per gli intermediari. Resta il punto di domanda dell’impatto sui costi di transazione: sotto questo profilo, la Borsa italiana è attualmente tra le migliori in Europa, mentre lo stesso non si può dire per il Lse. Qualche operatore ha già intravisto la minaccia di un aumento dei costi: se ciò avvenisse, una parte del mercato – gli utenti – resterebbe delusa da un’operazione all’apparenza brillante. Il rischio che i clienti siano sacrificati è elevato, in un settore caratterizzato da una struttura industriale monopolistica”.
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