ROMA (WSI) – Il Pil italiano? Nel primo trimestre del 2016 è cresciuto a un ritmo di appena +0,4%. E nel secondo trimestre, quello che sta attraversando ora, farà ancora peggio, rallentando a +0,2% circa. Sono le previsioni elaborate dall’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che ha pubblicato la sua Nota sulla congiuntura di aprile. Questo, mentre arrivano nuove dichiarazioni che confermano quanto si sa da tempo. Nei piani alti degli uffici dell’Ue, la scelta dell’Italia di tagliare l’Imu non va proprio giù.
Così il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis riferendosi all’Italia:
“Un’area in cui servirebbero riforme è la spending review. E poi la riforma del sistema fiscale, dove secondo le nostre raccomandazioni bisogna spostare l’onere dal lavoro verso il consumo e le proprietà. Su questa linea non abbiamo visto progressi soprattutto sulla proprietà, anche se capisco che si tratta di una questione politicamente sensibile”.
Tornando alla nota dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio:
Il Pil “potrebbe crescere in termini congiunturali di circa lo 0,4 per cento nel primo trimestre, registrando poi una decelerazione (verso lo 0,2 per cento) nei successivi tre mesi”. Di conseguenza, “il tasso di incremento tendenziale si situerebbe a circa l’1 per cento nel primo trimestre, marginalmente sotto tale livello nel secondo. Sulla base di queste stime, per realizzare un aumento dell’1,2 per cento nella media del 2016, come ipotizzato nel Def 2016, l`attività economica dovrebbe mantenersi nella seconda metà dell`anno su ritmi medi di crescita congiunturale dello 0,5 per cento a trimestre”.
Diversi gli ostacoli alla crescita, che vedono in primo piano una “domanda estera frenata dalla debolezza dei mercati emergenti“. Di conseguenza, “sono principalmente i consumi a trainare la ripresa grazie anche al graduale miglioramento del reddito disponibile delle famiglie. Gli investimenti stentano, invece, a recepire in pieno gli stimoli provenienti dal migliore accesso al credito e dalla riduzione dei costi energetici”.
Riguardo all’occupazione, il rallentamento a inizio 2016 è avvenuto a causa dello smorzarsi degli effetti del regime di sgravi contributivi, che aveva scatenato un balzo nelle assunzioni a fine 2015. L`occupazione dovrebbe comunque seguire un percorso moderatamente positivo nel resto dell`anno con il rafforzarsi della crescita.
Sul fronte dell’inflazione, la spinta deflativa del petrolio ha di nuovo riportato il trend dei prezzi in territorio negativo. Detto questo, è la stessa dinamica di fondo che è “molto contenuta”.
L’Italia è in balia, sempre stando alla nota dell’Ufficio parlamentare di bilancio, di “rischi esterni”.
Il punto è che:
“a fronte di un eventuale deterioramento dello scenario globale, gli strumenti di politica economica dei paesi avanzati appaiono, nell`attuale fase, indeboliti nel condurre un`adeguata azione di contrasto del ciclo”. I “segni di decelerazione mondiale sembrano essersi in parte stabilizzati rispetto ai timori di inizio d`anno, ma le stime sulla crescita 2016 sono state nuovamente riviste al ribasso dai previsori. I fattori di instabilità finanziaria e geopolitica, concentrati nelle aree emergenti, possono indurre colpi di freno alla congiuntura internazionale”.
L’analisi viene pubblicata quasi contestualmente al monito che arriva appunto da Valdis Dombrovskis.
Il funzionario punta il dito contro il Def, che avrebbe obiettivi “meno ambiziosi” di un anno fa. Un particolare non di poco conto, che l’Ue dovrà tenere in considerazione, sia per la regola del debito che -soprattutto- per l’elevato debito dell’Italia. Allo stesso tempo c’è apertura a considerare la flessibilità prevista. In ogni caso:
“Non posso prevedere l’esito di questa valutazione. Dipenderà dalle stime di primavera e dalla richiesta italiana di flessibilità”. Al momento “vediamo che i programmi sono meno ambiziosi di un anno fa, con il deficit previsto oggi al 2,3 per cento del Pil invece che all’1,8 per cento, e la valutazione della Commissione che forse sarà al 2,4 per cento. E anche per quanto riguarda la regola del debito, l’obiettivo si sposta in avanti di un paio di anni”.