NEW YORK (WSI) – Nel 1929 Jerome Levy, economista e uomo d’affari americano, aveva riconosciuto nell’andamento dei profitti Usa un segnale di allarme per Wall Street. Grazie al suo intuito, in quell’occasione, era riuscito a vendere prima del crollo del mercato.
Ottant’anni dopo la storia si ripete. In questi giorni, la società di consulenza che prende il suo nome ha lanciato un nuovo allarme recessione, affermando che ci sono il 65% delle probabilità che la entro la fine del prossimo anno, l’economia mondiale vada in recessione trascinandosi dietro gli Usa.
Si tratta una view che si muove in contrasto con quella espressa in questi giorni da Goldman Sachs e Morgan Stanley che, al contrario, hanno ribadito la loro convinzione che l’economia americana ha ancora spazio per crescere.
Per la società Usa, sono molti gli indizi che fanno pensare a un affondo dell’economia mondiale già nel 2015. A partire dai deficit di bilancio, che ancora caratterizzano non solo i conti Usa ma anche quelli delle maggiori economie industrializzate. Su questo fronte gli esperti della società Usa “vedono pochi spazi di manovra da parte dei politici. Al contrario, allo stato attuale, appare inevitabile che l’andamento sottotono dei prezzi al consumo alimenterà la deflazione in molte parti del mondo”.
A questo proposito viene specificato, che se se è vero che l’economia Usa si sta muovendo sulla strada della crescita, è altrettanto vero che, complice la debolezza del dollaro, il 13% del Pil Usa esportazioni, una percentuale mai stata così alta. E che quindi rende l’economia a stelle e strisce dipendente dal trend dell’economia mondiale. Una situazione che viene replicata anche nelle società statunitensi che, mai come in questo momento, mostrano una larga fetta dei loro profitti legati alle vendite all’estero.
Fonte: Bloomberg
(MT)