
La commissione Finanze della Camera è impegnata oggi sulla discussione di un emendamento al decreto fiscale che potrebbe ridurre le maglie strette dei Piani individuali di Risparmio (Pir), per come erano stati riformati la scorsa primavera. L’emendamento al decreto fiscale, a firma di Sestino Giacomoni (Fi), prevede di rivedere il vincolo che imponeva all’emittente del Pir l’investimento del 3,5% in strumenti di venture capital e di un altro 3,5% nel listino della piccole imprese AIM Italia.
A questi due requisiti, necessari per il riconoscimento dei vantaggi fiscali del Pir, si andrebbe a sostituire un vincolo unico al 5%, da destinarsi “in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB e FTSE MID della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati”.
Una regola che lascerebbe molta più autonomia di scelta sui titoli da selezionare.
Nel dettaglio, l’emendamento Giacomoni prevede che “in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70% del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.
La predetta quota del 70% deve essere investita per almeno il 25% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, e per almeno un ulteriore 5% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB e FTSE MID della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati”.
Nei mesi successivi all’entrata in vigore dei “nuovi Pir”, l’8 maggio scorso, si è accentuato il rallentamento della raccolta sui questi strumenti, aveva sottolineato Equita Sim lo scorso settembre.
“Continuiamo a ritenere che i Pir nella loro versione originale siano degli strumenti eccellenti ed efficaci che avevano raggiunto i seguenti obiettivi”, aveva commentato Luigi de Bellis, co-responsabile dell’Ufficio Studi di Equita.
All’indomani dell’entrata in vigore dei “nuovi Pir” aveva espresso perplessità anche la Banca d’Italia, citando il rischio “che i fondi registrino perdite derivanti da vendite di attività in mercati poco liquidi a fronte di episodi di forte volatilità dei corsi che inducano i sottoscrittori a liquidare l’investimento prima di conseguire il beneficio fiscale”.