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Pir sono il motore delle Pmi su AIM Italia: la fotografia di Assogestioni

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Il 2017 è stato un anno record per i Pir, con ben 11 miliardi di flussi netti di raccolta contro i 60 di tutto il mercato, mentre l’anno seguente, il 2018 è stato particolarmente difficile a causa di un mercato negativo misurato dall’andamento dell’indice FTSE MIB. Ma nonostante ciò, i Pir hanno tenuto il passo segnando una raccolta positiva di 4 miliardi, mentre il resto del mercato segnava invece una raccolta negativa di 7 miliardi.

PIR: la raccolta nel triennio

Così emerge da un’analisi svolta dall’ufficio studi di Assogestioni che fotografa il mercato dei Piani Individuali di Risparmio, a partire dai dati relativi allo strumento raccolti nei tre anni dal lancio nel 2017 a fine dicembre 2019. Proprio lo scorso anno, afferma l’associazione guidata da Tommaso Corcos, è stato un anno particolare perché caratterizzato da interventi normativi in contrasto con la norma originaria del 2017, che hanno di fatto reso inaccessibile l’investimento nei fondi aperti Pir-compliant esistenti fino a quel momento, con il risultato che gli unici ad avere possibilità di investire sono stati i sottoscrittori di Pir del biennio precedente.

La raccolta del 2019 difatti è stata pressocchè negativa, pur con l’intonazione positiva dei mercati globali in netta ripresa rispetto al 2018. A fine 2019 i fondi Pir-compliant sono 69 per 18,7 miliardi di euro di masse in gestione e rappresentano circa il 2% del mercato italiano dei fondi aperti.

In merito alla conformità dei Pir esistenti ai vincoli introdotti a inizio 2020 con la normativa dei Pir 3.0 al 31 dicembre il limite del 70% è ampiamente superato: l’81% del portafoglio è investito in strumenti emessi da imprese italiane.

Per quanto riguarda i due sotto-limiti, quello del 25% è ampiamente superato con una percentuale del 55% e 7,2 miliardi di ammontare investito – 30 punti in più rispetto al limite imposto dalla normativa.
Anche il limite del 5% viene abbondantemente superato: 16% e 2 miliardi di investimenti in imprese appartenente allo small cap, all’AIM e relativi a imprese non quotate.

Dove e come investono i Pir

Scomponendo il totale di 18,7 miliardi, 9 miliardi sono azioni emesse da imprese italiane, circa 6 miliardi sono obbligazioni corporate Italia, 3,6 miliardi sono altri strumenti – prevalentemente cash e titoli di Stato italiani. In riferimento alle azioni detenute dai Pir, su 9 miliardi domina la componente del mid cap (4,3 miliardi), a seguire abbiamo le società del Ftse Mib (circa 4 miliardi), poi small cap (505 milioni) e AIM (281 milioni). Infine la parte di società non quotate pari a circa 70 milioni.

L’impatto dei Pir su Piazza Affari

In merito all’impatto dei Pir in termini di equity sul flottante dei singoli mercati azionari italiani, questi fondi – sottolinea l’indagine di Assogestioni – detengono 4,3 miliardi del mid cap, che rappresentano il 10% del flottante totale (45 miliardi). Sulle small cap detengono 505 milioni su 6,6 miliardi, pari all’8%. 281 milioni su 2,4 miliardi, pari al 12% sono investiti nell’AIM, il mercato delle Pmi ad alto potenziale.

I Pir detengono 34 milioni di euro di imprese quotate all’AIM nel 2019, suddivise tra SPAC e tradizionali. L’indagine di Assogestioni rivela inoltre che dal 2017 si sono registrate oltre 80 IPO per un totale di flussi raccolti di circa 3 miliardi, a testimonianza di un forte interesse delle Pmi alla quotazione nel mercato delle società ad alto potenziale, e una grossa mano ai flussi arrivati è giunta dai Pir proprio nel triennio di vita.

Chi sono i sottoscrittori

Un milione di italiani sottoscrive fondi Pir e per quanto riguarda l’ammontare investito, alla luce dei limiti di investimento – un massimo di 30mila euro all’anno e di 150mila euro nei 5 anni in cui sono tenuti ad a non alienare l’investimento per accedere al beneficio fiscale – nei primi due anni il 65% dei sottoscrittori risulta avere investito fino a 15mila euro, mentre il 28% ha raggiunto quota 30mila euro. Solo un 6% per cento ha investito più di 30 mila euro sfruttando tutto il plafond disponibile nei primi due anni.

Infine, il confronto delle caratteristiche anagrafiche dei sottoscrittori di fondi Pir rispetto al resto dei fondi mostrano una percentuale maggiore di maschi (56% contro 53%) e una tendenza all’investimento maggiore da parte dei sottoscrittori del Nord-Est (28% contro 25%).

Per quanto riguarda le fasce di età, stabili le centrali mentre gli ultrasessantacinquenni – che guidano la classifica per quanto riguarda gli investimenti in fondi non-compliant con il 20% – decrescono al 14% per i Pir.