L’economista Jean Pisani-Ferry, professore all’Hertie School of Governance di Berlino, ha di recente commentato lo stallo della politica italiana in un articolo su Project Syndicate. L’economista mette in guardia sui pericoli di tale stallo e sulla fragilità della situazione dei conti pubblici del paese, ma sottolinea anche che il debito pubblico pari al 132% non è ascrivibile a recenti politiche all’insegna della finanza allegra. Citando l’autore:
L’elevato debito pubblico italiano non è il risultato dei deficit pubblici eccessivi – per lo meno non di quelli recenti. Con l’eccezione del 2009, il bilancio primario (che esclude il pagamento degli interessi) è stato in avanzo negli ultimi 20 anni. Nessun altro paese dell’area euro può vantare una performance del genere”.
Studiando i dati della nostra economia, il professore arriva alla conclusione che negli ultimi vent’anni sia stata la bassa crescita la causa principale dell’aumento del rapporto debito pubblico – Pil e non il saldo primario del bilancio pubblico. In altre parole, il problema sta al denominatore, non al numeratore.
Per tutte queste ragioni, la ricetta non è tagliare ulteriormente la spesa pubblica, bensì stimolare la crescita economica. Per evitare di peggiorare i conti pubblici, però, l’economista non punterebbe su politiche fiscali espansive, ma su politiche dal lato dell’offerta. Per quanto le considerazioni del professore riguardo le caratteristiche del tessuto produttivo siano condivisibili, restano dei dubbi sulla presunta irrilevanza di politiche dal lato della domanda. (…)
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