In queste ore il governo è al lavoro per risolvere le criticità emerse sul tema del PNRR e varare una serie di misure volte a superare gli ostacoli nell’attuazione dei progetti finanziati dall’Unione Europea.
In particolare, si punta ad un rafforzamento organizzativo delle amministrazioni e degli enti locali, oltre a maggiori assunzioni nei ministeri, per sbloccare i finanziamenti e rispettare gli obiettivi prestabiliti. Ripercorriamo la storia del PNRR, esaminandone le finalità e lo stato dell’arte attuale.
Cos’è e come nasce il PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nasce nel 2020, nel pieno dell’emergenza Covid-19, e si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.
La principale componente del programma NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026, e una dimensione totale di 672,5 miliardi di euro (312,5 milioni in sovvenzioni e i restanti 360 miliardi in prestiti a tassi agevolati).
Quante risorse sono arrivate all’Italia dal PNRR
“Italia Domani”, il Piano di Ripresa e Resilienza presentato dall’Italia, prevede investimenti e un coerente pacchetto di riforme, a cui sono state allocate risorse per 191,5 miliardi di euro. Il PNRR è poi integrato dal Piano nazionale per gli investimenti complementari, con risorse aggiuntive pari a 30,6 miliardi, per un totale di fondi previsti pari a 222,1 miliardi.
Sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche e per il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione. Nel complesso si potrà quindi disporre di circa 248 miliardi di euro.
A tali risorse, si aggiungono quelle rese disponibili dal programma REACT-EU che, come previsto dalla normativa Ue, vengono spese negli anni 2021-2023. Si tratta di fondi per ulteriori 13 miliardi.
I pilastri del PNRR
Il Piano si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo:
- digitalizzazione e innovazione;
- transizione ecologica;
- inclusione sociale.
L’intervento intende riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica, contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale. Il PNRR punta a ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere.
Il piano destina 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio (per una quota dunque del 40%) e prevede inoltre un investimento significativo sui giovani e le donne.
Le 6 missioni del piano
Il piano si sviluppa lungo sei missioni:
- “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”: oltre 49 miliardi per promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura;
- “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”: 68,6 miliardi per migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva;
- “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile”: 31,5 miliardi per lo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese;
- “Istruzione e Ricerca”: 31,9 miliardi con l’obiettivo di rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico;
- “Inclusione e Coesione”: 22,6 miliardi per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, rafforzare le politiche attive del lavoro e favorire l’inclusione sociale;
- “Salute”: 18,5 miliardi per rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.
Le riforme e l’impatto sul Pil
Il piano prevede inoltre un ambizioso programma di riforme, per facilitare la fase di attuazione e più in generale contribuire alla modernizzazione del Paese e rendere il contesto economico più favorevole allo sviluppo dell’attività di impresa:
- Riforma della Pubblica Amministrazione;
- Riforma della giustizia;
- Interventi di semplificazione orizzontali al piano, ad esempio in materia di concessione di permessi e autorizzazioni e appalti pubblici;
- Riforme per promuovere la concorrenza.
È previsto che, grazie al PNRR, nel 2026 il Pil sarà del 3,6% più alto rispetto a uno scenario di base che non include l’introduzione del piano. Il governo del PNRR prevede una responsabilità diretta dei Ministeri e delle Amministrazioni locali per la realizzazione degli investimenti e delle riforme, con un ruolo significativo per gli Enti territoriali, a cui competono investimenti pari a oltre 87 miliardi di euro.
La gestione del PNRR
Sotto il Governo Draghi, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha controllato il progresso nell’attuazione di riforme e investimenti ed è stato l’unico punto di contatto con la Commissione Europea. Nel dettaglio, gli organismi più importanti per la gestione del PNRR erano tre: la cabina di regia, di cui fanno parte il presidente del Consiglio e vari ministri, la segreteria tecnica, che si occupa di tutta una serie di questioni tecnico-amministrative in collaborazione con la cabina di regia, e il servizio centrale, un organismo del ministero dell’Economia che si occupa del coordinamento delle fasi di programmazione, gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo del PNR, e che tiene inoltre i contatti con la Commissione Europea, l’organo dell’Unione a cui è affidata la supervisione dei vari piani nazionali.
La premier Giorgia Meloni nel febbraio 2023 ha accentrato la gestione del PNRR. La riforma contenuta nel decreto prevede l’eliminazione della segreteria tecnica ma soprattutto il depotenziamento del servizio centrale, che fa capo al ministero dell’Economia. Nel dettaglio, il Servizio centrale, di stanza alla Ragioneria generale dello Stato, è stato sostituito dall’Ispettorato generale, che si occupa sempre di monitoraggio e rendicontazione, ma risponde al ministro Raffaele Fitto e si raccorda con la Struttura di missione di Palazzo Chigi. Ora l’Ispettorato non è più il punto di contatto nazionale per l’attuazione del Pnrr, finora rappresentato dal Servizio centrale al Mef. La stessa dicitura compare nella nuova governance, ma è passata a Palazzo Chigi, assegnata alla Struttura che supporta Fitto.
Nel secondo semestre 2022 conseguito il 28% degli obiettivi
Come evidenziato dalla Corte dei Conti nella sua relazione semestrale sul PNRR, nel corso del secondo semestre del 2022, la realizzazione dei progetti prevedeva ulteriori 55 obiettivi europei. In questa fase attuativa ancora iniziale continua ad essere prevalente il peso dei milestone (39) rispetto ai target quantitativi (16) che tuttavia risultano in forte crescita numerica (erano solo tre nei due semestri precedenti).
A fine semestre, il raggiungimento integrale dei passi previsti ha portato a un livello di conseguimento del 28% del complesso degli obiettivi; attesa la diversa articolazione temporale delle due tipologie di obiettivi, che vede i milestone prevalentemente concentrati nella parte iniziale del piano e i target nella seconda, il grado di completamento risulta molto più intenso per le prime (62% del totale) rispetto a quanto si registri per i target (6% del totale).
Oltre il 61% degli obiettivi del semestre si riferisce alla Missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” (24) e alla 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” (10). Più contenuto il peso numerico di milestone e target associati alla Missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (6, circa l’11%), alla Missione 4 “Istruzione e ricerca” (5, circa il 9%) e alla Missione 5 “Inclusione e coesione” (8, circa il 15%); solo 2 il numero di obiettivi della Missione 6 “Salute”.
Sulla base delle stime e “tenendo in considerazione i dati sui conti di tesoreria e ReGiS al 13 marzo 2023”, spiega la Corte dei Conti, “è possibile quantificare che il livello della spesa sostenuta a fine 2022 si attesti oltre i 23 miliardi, eccedendo pertanto il valore di 20,4 miliardi della pianificazione finanziaria, con un avanzamento stimato intorno al 12% delle dimensioni finanziarie complessive del piano (191,5 miliardi). Tale spesa è associabile a 107 delle 285 misure previste, di cui 2 riforme e 105 investimenti.
I problemi legati alla terza rata del PNRR
I 191,5 miliardi di euro destinati all’Italia sono erogati sotto forma di rate semestrali da parte della Commissione Europea, al verificarsi di determinate condizioni. Il mancato rispetto delle scadenze e degli obiettivi prefissati comporta la perdita del diritto a incassare i finanziamenti, o una sospensione temporanea delle rate.
Negli ultimi giorni la Commissione Ue ha reso noto che esaminerà i risultati degli ultimi sei mesi solo a fine aprile. L’erogazione dell’importo dovuto per la terza tranche, pari a 19 miliardi (dopo i 42 miliardi incassati con le prime due rate da 21 miliardi ciascuna), avverrà eventualmente nei prossimi mesi, al termine dell’iter di valutazione previsto dalle procedure europee.
Bruxelles, in particolare, sta valutando una serie di problemi legati all’attuazione di tre misure: le norme sulle concessioni aeroportuali, le reti di teleriscaldamento e due progetti all’interno dei Piani Urbani Integrati (stadio di Firenze e Bosco dello Sport a Venezia).
Per sbloccare la quarta tranche da 16 miliardi, l’Italia dovrebbe poi raggiungere 20 milestone e 7 target entro la fine di giugno, ma i ritardi nell’attuazione delle riforme rischiano di compromettere il programma.