Benzina a livelli record, ma da cosa dipende il suo prezzo? E’ una vera e propria emergenza quella che stanno vivendo negli ultimi giorni gli automobilisti italiani alle prese con aumenti record dei prezzi della benzina. La media del diesel servito supera i 2 euro mentre la benzina va oltre i 2,1 euro al litro, senza contare che in molti distributori addirittura quest’ultima sembra più conveniente del primo.
Il tutto nasce dal petrolio i cui prezzi al barile hanno toccato i 110 dollari per effetto della crisi Ucraina e ora con l’embargo al greggio russo deciso da USA e Regno Unito il peggio sembra ancora dover arrivare.
“Mai in Italia i prezzi dei carburanti avevano raggiunto livelli così elevati” sottolinea il presidente di Assoutenti Furio Truzzi che prova a dare qualche numero.
Considerati i listini attuali, la stangata per le famiglie solo per i maggiori costi di rifornimento arriva a +533 euro annui a nucleo in caso di auto a benzina, e quasi +570 euro annui per una vettura a gasolio. “Una situazione pericolosissima perché da un lato il caro-carburanti produrrà rincari a cascata sui prezzi al dettaglio, dall’altro potrebbe determinare la paralisi di numerose attività produttive impossibilitate a sostenere costi di benzina e gasolio così elevati.
La soluzione? Sterilizzare l’Iva sui carburanti e ridurre il peso delle accise, “unica strada per portare da subito ad una riduzione dei listini alla pompa e ad un calmieramento dei prezzi dei prodotti trasportati, che in Italia rappresentano l’85% della merce in vendita in negozi e supermercati” dice Truzzi.
Della stessa idea anche il Codacons secondo cui con il caro carburanti, la stangata raggiunge quota +533 euro annui a famiglia in caso di auto a benzina, +568,8 euro la maggiore spesa annua per i rifornimenti in caso di auto diesel.
“E mentre in Italia imprese e attività produttive si fermano non potendo più sostenere i costi impossibili dei carburanti, il Governo resta a guardare e le casse dello Stato si arricchiscono grazie all’escalation dei prezzi alla pompa e alle tasse su benzina e gasolio – denuncia il presidente Carlo Rienzi – Un comportamento “immorale” considerato l’ampio margine dell’esecutivo per intervenire su Iva e accise e calmierare i listini”.
Iva e accise: quanto pesano sul prezzo della benzina
Le accise sui carburanti (benzina, diesel e gpl) sono state introdotte gradualmente fin dagli anni ‘30 del secolo scorso per fronteggiare economicamente improvvise emergenze dovute per lo più a disastri naturali ed eventi militari. Oggi se ne contano ben 19 di accise sui carburanti in Italia e pesano per quasi il 50% sui costi del carburante alla pompa.
Secondo gli ultimi dati del ministero dello Sviluppo economico , su un litro di benzina, che al momento della rilevazione costava in media 1,95 euro, accise e Iva (aliquota al 22%) sono pari a poco più di 1 euro, mentre il prezzo industriale del carburante è di circa 87 centesimi che viene suddiviso tra società petrolifere e gestori dei distributori.
Per il diesel il quadro è questo: 88 centesimi circa tra materia prima e margine del gestore più 95 centesimi di accisa e Iva (totale alla pompa 1,83 euro).
Oggi, in base a quanto riporta l’ADM, l’Agenzia delle accise, dogane e monopoli, su 1.000 litri di benzina si pagano 728,40 euro di accise, 617,40 euro col gasolio e a 267,77 euro col Gpl. Tra le tanti accise in vigore, ben 19, troviamo 0,00723 euro per il finanziamento della crisi di Suez del 1956; 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963; 0,00516 euro per la ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966; 0,005 euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005; 0,0051 euro per far fronte al terremoto dell’Aquila del 2009; 0,0071 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011; 0,04 euro per far fronte all’arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011; 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968; 0,0511 euro per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976; 0,0387 euro per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980; 0,114 euro per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996; 0,02 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004; 0,0089 euro per far fronte all’alluvione che ha colpito Liguria e Toscana nel 2011; 0,082 euro per il decreto “Salva Italia” del 2011; 0,02 euro per la ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012.
Il relatore del disegno di legge di conversione del decreto bollette alla commissione Attività produttive della Camera, Luca Squeri (Forza Italia) a margine dei lavori spiega che “Proporrò la sterilizzazione dell’Iva sui carburanti, perlomeno per l’Iva aggiunta rispetto agli aumenti. Comincia ad essere una cifra significativa, 10 centesimi al litro, è poco rispetto all’impennata dei prezzi ma almeno è qualcosa”, aggiunge.
Intanto i gestori di Faib Confesercenti, Fegica Cisl, Figisc/Anisa Confcommercio propongono il ritorno della cosiddetta ‘accisa mobile’, che consente, “da una parte, di sterilizzare gli aumenti dell’Iva (già oggi maggiori di 7,00 centesimi al litro rispetto solo a due mesi fa) e, dall’altra, di creare un minimo di stabilità per famiglie ed operatori economici”. Ma come riporta Il Foglio, “ritoccare queste componenti fiscali potrebbe essere un modo per alleggerire il peso dei rincari. Ma farlo ha un costo per le finanze pubbliche”.
In un anno segnato dalla pandemia e dai lockdown come il 2020 le entrate fiscali da accisa e Iva sono state di 31,8 miliardi di euro, il dato più basso degli ultimi 25 anni, in flessione di 7,6 miliardi rispetto all’anno precedente (dati Unem). Solo il gettito Iva ha portato nelle casse dello stato 9 miliardi, nonostante la flessione dei prezzi dei prodotti petroliferi che nel 2020 erano ai minimi storici. Per qualsiasi intervento bisognerà partire da questi numeri.