Il problema del ricambio generazionale nelle grandi aziende a conduzione familiare è molto sentito, considerando soprattutto la mole di denaro che circolerà. Secondo uno studio condotto dall’Aipb, l’associazione italiana private banking e Prometeia, difatti in dieci anni passerà di mano una cifra vicina ai 300 miliardi di euro in eredità.
Passaggio dei patrimoni tra generazioni
Come si legge nella nota, nei prossimi anni l’industria assisterà ad ingenti passaggi di ricchezza da parte dell’attuale generazione
di clienti verso la successiva. Alla fine fine del 2023 si è previsto che 22 miliardi di euro sarebbero passati alle generazioni più giovani: cifra che salirà a circa 180 miliardi entro il 2028 e a 300 miliardi entro il 2033.
Da qui il Private Banking dovrà essere in grado di far dialogare le diverse generazioni, riducendo la quota di clienti (pari al 69% tra i 65 e i 74 anni e al 58% tra gli over 74) che non coinvolge i figli nella gestione del patrimonio e aumentando la percentuale di chi confermerà il consulente di famiglia (solo il 23% tra i 45 e 65 anni).
Cosa deve fare l’industria del private banking
Come conservare la relazione costruita nel tempo? Secondo Aipb, “diventa fondamentale rinnovare il patto di fiducia con gli eredi della clientela acquisita, attivando in tempo momenti di coinvolgimento e comprensione del diverso sistema di valori, priorità di vita e aspettative sul servizio”.
Dall’Osservatorio sulla clientela di AIPB emerge, ad esempio, che tra i 45 e 54 anni le motivazioni che portano ad investire sono legate all’accumulo e alla costruzione del capitale, mentre tra i 55 e i 64 anni diventa centrale essere in grado di costruire qualcosa per i futuri eredi. Le fasce d’età più giovani vogliono comprendere l’impatto dei loro investimenti, mentre quelle più senior chiedono soprattutto un incontro sistematico col Banker.
Di conseguenza, il servizio di consulenza deve assumere modalità diversificate: nel primo caso (45-54 anni) la clientela tiene in considerazione un orizzonte temporale più lungo e un rischio potenziale più elevato, per ricercare maggiori opportunità di rendimento; mentre nel secondo (55-64 anni) i clienti pensano a come costruire il futuro della propria famiglia (es. distribuzione quote, passaggio generazionale).