Questo report e’ originato da una fonte di Roma (dello schieramento di centro-sinistra) e pecca per non tenere in nessun conto gli italiani. Lo ripubblichiamo perche’ offre comunque spunti interessanti sugli umori nel piccolo mondo marcio della politica nazionale. Da maneggiare con cura, si consigliano le opportune tare.
ROMA (WSI) – Nella Roma che oscilla tra inverno e primavera a seconda dell’ora e dell’altezza del sole, anche la repentina tregua tra Bersani Pierluigi e “Sherpa” Monti rischia di passare per un solido accordo di governo gia’ definito e addirittura con i ministri principali gia’ incasellati. Eccoli: lo “Sherpa”, manco a dirlo, va agli Esteri. Il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni va all’Economia, Letta Enrico ovviamente allo Sviluppo economico debitamente spacchettato per accontentare altre componenti delle due coalizioni alleate (e anche per evitare di ripetere le magre figure di Passera Corrado) e gli Interni all’ex leader rottamato, D’Alema Massimo, che tanto ci tiene.
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Diamo conto di tale nocciolo duro di un governo Pd/Scelta Civica solo per dovere di cronaca e perché, oggettivamente, Bersani e Monti si sono finalmente accorti che stavano facendo soltanto il gioco di Berlusconi Silvio e si sono correttamente divisi i compiti tra di loro: il primo e’ andato qualche giorno in giro per l’Europa a presentarsi, spiegare e rassicurare. Il secondo ha continuato ad attaccare Berlusconi, non mancando tuttavia nel frattempo di fare personalmente qualche promessa fiscale, sia pure meno voluttuosa della restituzione in contanti dell’Imu 2012 avanzata dal fidanzato di Francesca Pascale.
In realtà, la tregua nasce da una valutazione più realistica delle reciproche debolezze: il premier attuale sa che, pur mettendo nell’ombra il genero di Caltariccone Franco, non prenderà voti tali da essere decisivo, quindi gli conviene abbassare i toni a sinistra.
Bersani sa di non essere il D’Alema dei tempi migliori, sa che Vendola Nicky (a proposito, nel futuro governo gia’ definito dove lo mettono, visto che ad ottobre si vota in Puglia?) qualche *BLIP* come quella della violenza sui gay nella tollerante Roma dell’imbelle Aledanno prima o poi l’avrebbe fatta e che, infine, l’ombra lunga del Monte dei Paschi nonostante i riguardi della Procura di Siena si muove comunque seguendo i passi del Pd.
Tatticamente, se dovesse esistere gia’ un accordo, si tratterebbe comunque di una mossa non appropriata, dal tempismo sbagliato e che rileva nervosismo a go go in entrambi i soggetti. Una mossa che può rivelarsi come l’ennesimo favore al proprietario del cartellino di Balotelli Mario, che non mancherà certo di additare i contraenti al pubblico ludibrio elettorale come comunisti e utile idiota dei comunisti, nonché uniti dalle tasse e dagli interessi nelle banche e per le banche.
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“If you can’t beat them, join them” cantavano i Queen. “Se non li puoi battere, unisciti a loro”. È questo il ritornello che risuona in testa a Mortimer e Culatello negli ultimi giorni, che stanno dando corpo a quello che, in fondo, era parsa la soluzione più realistica fin dall’inizio della campagna: una bella e disomogenea coalizione di centrosinistra, nella miglior tradizione dell’ingovernabilità prodiana.
A spingere i due schieramenti certamente ha contributo la bombastica rimonta del Banana (ma proprio l’esplosività delle sue proposte è misura della distanza che c’è ancora tra PD e PDL). C’è però dell’altro, un problema più tecnico che riguarda la campagna elettorale: né il PD né Scelta Cinica sono finora riusciti a rompere le barriere del proprio elettorato e attingere al bacino degli indecisi, che si restringe via via che ci avviciniamo al voto, ma che resta decisivo per alterare gli equilibri finali.
Il Prof, in particolare, partiva con un bacino potenziale di persone disposte a votarlo di oltre il 20%, ma oggi non si stacca dal 10. Perché? Per tanti motivi. Innanzitutto per l’incapacità di dare coerenza a una visione del Paese (a proposito qualcuno ricorda più l’Agenda Monti?). In secondo luogo per la scelta di caricarsi vecchi arnesi come Casini e Fini.
Senza di loro, Mortimer avrebbe potuto parlare davvero di rinnovamento della politica e rubare voti perfino tra i grillini incerti. Con Fini e Casini a bordo i toni antipolitici del Prof stonano. A proposito, che errore non portare a bordo Giannino: in TV e su Twitter il liber-dandy sfonda eccome, nonostante i numeri decimali di FARE e i vestiti improbabili. Sarebbe stato un bel test di comunicazione provare a integrare la sua esuberanza con l’aplomb funeralesco di Mortimer.
Anche il Piddì fa fatica a superare gli steccati del suo elettorato, che gli analisti definiscono più sinistrorso di Culatello. Per questo ora ci provano con l’arma non convenzionale di Renzi, ormai invocato come salvatore della patria, e spedito proprio nelle terre degli indecisi a raccattare i tanto disprezzati elettori di centrodestra che nessuno voleva alle primarie. Basterà?
Dalla competizione alla concertazione dunque. Ed ecco che cambia lo spin delle prossime settimane: innanzitutto Berlusconi rispolvera la parola inciucio, e comincia a usare le armi anti-Monti anche contro Culatello. In questo senso forse non è stata così felice la scelta di Bersani di usare proprio la visita a Berlino per aprire al Prof: in questo modo, il filotto *BLIP*-Mortimer-Culatello diventa un bersaglio facilissimo per Berlusconi.
In secondo luogo Bersani si troverà con una nuova gatta da pelare: Vendola, che docile docile aveva accettato, nelle ultime settimane, la crescita relativa del PD rispetto a SEL dentro l’alleanza di sinistra. Ma che ora, con l’apertura a Monti, inizierà a fare i capricci, fornendo una buona anteprima dei problemi del futuro governo.
E si arriva al paradosso: se di inciucio con Monti si tratta, allora è meglio per Culatello che Ingroia cresca e soffi voti a SEL, per indebolirne la posizione negoziale dopo le elezioni. Scommettiamo, allora, che Bersani smetterà di parlare di voto utile?
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