Roma – L’accordo sul Fiscal Compact limita ulteriormente la capacita’ degli stati di effettuare spesa pubblica e di varare manovre anti crisi, “aspetti che peggiorano in modo drammatico la situazione dell’economia reale”. Questo perche’ le politiche di rigore fiscale riducono la capacita’ di sviluppare una domanda per i beni e i servizi: il governo Monti “purtroppo ignora completamente il ruolo della domanda”.
Lo sostiene Mario Pianta, docente di Economia Politica all’Universita’ di Urbino, secondo il quale le ricette italiane per l’uscita dalla crisi del debito insistono colpevolmente sulla ristrutturazione dell’offerta. Ma “le liberalizzazioni dei mercati non hanno portato a riduzioni di prezzi significativi e a un maggiore dinamismo delle imprese”. Anzi, si e’ visto un abbassamento dei salari che sono gia’ ai minimi in Europa.
L’affondo dell’economista – intervistato da RaiNews24 – nei confronti dell’operato dell’esecutivo non finisce qui: “C’e’ una crisi generale, insistere su politiche macroeconomiche di austerita’ e’ assolutamente suicida“, ha ricordato.
Per salvare l’Italia, invece, si potrebbe prendere esempio dalla Germania, che ha aumentato il numero dei contratti a tempo ridotto con riduzione dell’orario di lavoro per tenere intatte le capacita’ produttive cercando di tenere alta la domanda anche in periodo di crisi.
La crisi e’ condivisa, questo e’ indubbio, ma ci sono dinamiche diverse per affrontarla. La strada di Fiat, per esempio, e’ sbagliata perche’ e’ “quella dei paesi in via di sviluppo e non dei modelli virtuosi come la Germania”, dove il governo non ha parua di intervenire se il momento lo richiede, come dimostra il caso di Opel, che e’ rimasta una casa automobilistica nazionale, grazie a una cordata di produttori.
“Bisognerebbe prendere la Cassa Depositi e Prestiti, ultima banca pubblica rimasta, e utilizzare le enormi risorse per fare una politica industriale del 21esimo secolo”.
Ovvero mantenere la capacita’ produttiva elevata nei settori in cui l’Italia ha perso le basi produttive, come l’elettronica, tlc, macchine per ufficio, computer e software: settori trainanti che caratterizzano l’economia contemporanea.
Serve insomma un “intervento statale per aiutare gli investimenti privati per rilanciare settori selezionati da diffusione della conoscenza e potenzialita’ produttive”.
“Il settore privato non e’ stato capace di mantenere una dinamica degli investimenti adeguata. Ha investito in infrastrutture ed energia dove dominano i monopoli. Sono cosi’ aumentate le bollete e non sono calati i prezzi”.
In sintesi “va investito dove c’e’ forte competivita’”, ricorda Pianta, e non dove dominano i grandi monopoli.
Il reddito in termini reali si trova dov’era 10 anni fa e il Pil calera’ del 2,2% quest’anno, secondo le previsione del FMI. I dati di oggi ci ricordano che la produzione industriale e’ sceda del 7% finora nel 2012. Il 10% del calo del settore auto e’ solo il punto piu’ estremo di questo declino.
La produzione industriale e’ del 25% inferiore ai valori pre crisi. Perso un quarto della capacita’ produttiva delle imprese e della potenzialita’ di occupazione in Italia. Si e’ sviluppata con il tempo con i casi di caduta lunga quattro anni.
“Se si chiudono imprese e si perdono lavoratori si perdono capacita’ produttive, che poi sono difficilissime da ricostruire, se si perde in un mercato mondiale caratterizzato da forte sovrapproduzione in diverse settori. Quel tipo di produzione verra’ tolto dall’Italia e andra’ in paesi emergenti in grado di fare investimenti”.
Per Pianta bisogna guardare altrove, prendendo esempio dalle politiche attuate in Germania e Francia, le quali tendono invece a difendere i dipendenti e rilanciare gli investimenti, mentre in Italia c’e’ stata una riduzione dei diritti dei lavoratori e fuga dagli investimenti. Tutti soldi finiti nella speculazione finanziaria che alimentano la crisi attuale. Soldi che ora stanno andando all’estero, nella forma di fuga di capitali”.