MILANO (WSI) – Un tesoretto da 145 miliardi di euro è nelle mani dello Stato e gli italiani non sanno nulla. L’ennesima beffa riguarda il caso delle polizze vita dormienti, quelle cioè scadute da cinque anni e non ancora pagate dalle compagnie ai beneficiari, siano essi i titolari o i loro eredi.
Se nessuno le reclama dopo 10 anni le polizze finiscono insieme a conti, libretti di risparmio e depositi postali non movimentati nel conto speciale dello Stato gestito dalla Consap e solo in un secondo momento, trascorso un decennio, si procederà poi alle pratiche di rimborso, ma solo parziale: il 60% del capitale, mentre il restante 40% resta allo Stato.
A renderlo noto Repubblica che fa i conti in tasca alle assicurazioni, in base a un’indagine Ivass, sottolineando lo scarso livello di controllo delle compagnie assicurative e la non consapevolezza di figli e parenti di chi ha sottoscritto la polizza e nel frattempo è deceduto.
Su 52 società assicurative solo 3 possono mettere in campo “procedure strutturate” per risalire a chi ha diritto a riscuotere il premio, mentre ben 14 non sanno in alcun modo se l’assicurato è vivo o moto. Tra l’altro, il 75% dei contratti ha una formulazione troppo generica, indicando beneficiari vaghi come “eredi”, “figli”, “genitori”. Questo significa che se nel frattempo il sottoscrivente è passato a miglior vita, l’agenzia dovrebbe fare ricerche in autonomia per scoprire il trapasso e a chi versare il denaro. Utopia o quasi.
Gli strumenti a disposizione dei clienti per tutelarsi sono veramente scarsi come sottolinea il quotidiano, ossia un numero di telefono istituito dall’Ania, l’associazione delle compagnie assicurative, per verificare l’eventuale esistenza di una polizza a carico di un congiunto deceduto.