Dopo il crollo del Ponte Morandi, lo scorso 14 agosto, sia il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che il vicepremier Luigi Di Maio avevano promesso di cancellare le concessioni in capo ad Autostrade per l’Italia.
Ma mesi dopo il governo giallo-verde ha previsto una misura a favore della famiglia Benetton, che controlla Autostrade e altre sei concessioni attraverso la holding quotata Atlantia, ossia che Aspi possa partecipare addirittura nella progettazione del nuovo viadotto.
E non solo, oggi si scopre che quella promessa di revocare i contratti di Autostrade e procedere alla rinazionalizzazione della gestione delle strade nazionali come promesso dal MoVimento 5 Stelle non verrà mantenuta. Il partito ha le mani legate.
Il perché lo spiega un dettagliato articolo del New York Times secondo cui, anche se il rapporto tra Autostrade e il governo è definito da pura ostilità, un divorzio è altamente improbabile.
Revocando concessione Autostrade, Stato sborserebbe 17 miliardi
La ragione? Se il contratto della società fosse stato risolto in anticipo, lo Stato avrebbe dovuto pagare ad Autostrade il valore residuo del contratto, una somma che poteva superare i 17 miliardi di euro.
L’articolo del New York Times ripercorre le tappe della storia che riguarda Autostrade riportando i commenti di numerosi e autorevoli professori, come Giorgio Ragazzi, professore in pensione di scienze economiche presso l’Università di Bergamo.
Uno dei più grandi rivenditori di abbigliamento in Italia e i suoi partner erano diventati i signori dell’autostrada”. “Il governo – ha detto Giuliano Fonderico, professore di diritto amministrativo presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma – ha sempre pensato ad Autostrade come al suo bancomat“.
Ponte Morandi parabola del disordine economico politico italiano
Nell’articolo anche le dichiarazioni di Marco Ponti, lo stesso dell’analisi sulla TAV. Secondo lui se lo Stato dovesse davvero revocare le concessioni ai Benetton, la compagnia porterebbe lo stato in tribunale. Il governo, insomma, ha le mani legate.
I Cinque Stelle quindi, che a lungo avevano denunciato l’ondata di privatizzazioni dell’Italia, la maggior parte avvenuta negli anni ’90, con inciuci tra politici e amici, ora devono rimangiarsi la parola. Tra quegli inciuci Debora Serracchiani del PD ha denunciato come l’alleato di governo del M5S, la Lega, votò a favore del cosiddetto “Salva Benetton”.
Era il 2008, all’epoca del governo Berlusconi, e il decreto diede al gruppo concessioni molto vantaggiose per Autostrade. “La vita e la morte del Ponte Morandi è una parabola dell’attuale disordine economico e politico dell’Italia“, scrive il giornale.