ROMA (WSI) – Dopo le perquisizioni della Guardia di Finanza, le ultime rivelazioni su quello che è ormai uno scandalo vero e proprio, lo scandalo Popolare di Vicenza, arrivano dalla Bce, che fa i nomi dei soci più facoltosi, una ventina circa, che hanno beneficiato di prestiti per un importo minimo di 250.000 euro, nell’ambito di quella che gli ispettori hanno definito “ assistenza finanziaria fornita da parte della banca”.
“Si tratta di clientela dotata, singolarmente o a livello di gruppo, di una struttura patrimoniale apparentemente adeguata”. In totale tali soci hanno ricevuto prestiti per un valore di 274 milioni, ed erano al contempo titolari di oltre 4,25 milioni di azioni per un controvalore di 265 milioni di euro. Tali clienti avrebbero successivamente ottenuto il riacquisto del pacchetto azionario da parte della banca, a dispetto dei piccoli azionisti che invece hanno perso tutto.
Questo è quanto risulta dalla Bce:
Nove di questi clienti erano gestiti da Roberto Rizzi del punto private di Vicenza: le condizioni economiche sono di un tasso pari all’1,2% con spese di affidamento azzerate. Il gruppo della famiglia Ravazzolo-Pilan che opera nell’abbigliamento sartoriale, ha ottenuto un tasso dello 0,8% su due linee da 10 milioni ciascuna. Complessivamente la società di famiglia, la Confrav, era affidata per 92,5 milioni e in portafoglio figuravano titoli per 69 milioni di euro. La società Solfin spa ha strappato un tasso dello 0,75% su un finanziamento a breve termine di 5 milioni di euro e in pancia aveva 5 milioni di euro in titoli. Per un fido in conto corrente di 2,9 milioni, il gruppo vicentino Dalla Via, attivo nella pelletteria, ha ottenuto un costo del denaro dello 0,9% (a fronte di un credito di 6,7 milioni aveva azioni per 6,5 milioni). Nell’elenco figura l’azienda del lusso Renè Caovilla, famosa per le sue scarpe gioiello, segnalata per un prestito accordato di 8 milioni a cui corrispondono acquisti per 8,2 milioni. Al patron del pastifico Zara sono stati accordati 15,5 milioni: nel suo portafoglio, oltre 200mila titoli Bpvi per un valore di allora di quasi 12,9 milioni. Alla famiglia Della Rovere, il cui cognome rimanda ad Ambrogio Dalla Rovere, già vicepresidente di Cariverona, prestiti per 12,5 milioni e titoli per 9,9 milioni. Alla famiglia Morato, proprietaria dell’omonima azienda alimentare, sono stati accordati 39,6 milioni, di cui utilizzati 29,6 milioni, pari pressappoco al valore delle 410 mila azioni in portafoglio. Tranquillo Loison, già presidente orafi di Apindustria, risultava affidato per 12,8 milioni con un utilizzato per 8,2 milioni e azioni comprate per 7,6 milioni.
Alcuni di questi nomi erano stati anticipati da un’inchiesta del quotidiano La Repubblica, come risulta da un articolo dello scorso 6 giugno:
Per capire come le azioni di BpVi siano crollate in pochi mesi da 62,5 euro a dieci centesimi, e poi rastrellate da Fondo Atlante, basta leggere le 25 pagine della relazione depositata il 21 agosto 2015 dall’audit interno a Francesco Iorio, subentrato nel maggio a Samuele Sorato come amministratore delegato e direttore generale. Un documento che la gestione Zonin ha nascosto, ma che oggi è agli atti dell’inchiesta della procura vicentina, con indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza Zonin, Sorato e altri quattro ex manager di BpVi. Il report dimostra che a Vicenza c’era una “banca nella banca”, riservata a un’élite. E i danni ricadono sui piccoli soci. Il ricorso alle “operazioni baciate” comincia “prima del 2008” con “primari clienti storici come i fratelli Ravazzolo, Piergiorgio Cattelan, Ambrogio Dalla Rovere, Francesco Rigon”. Per consolidarsi nel 2009 con operazioni di importo significativo, rivolte a “soci amici” per supportare “esigenze svuota-fondo”. A trattare con i soci sono Sorato e Giustini (anche lui indagato), suo vice e responsabile dei Mercati. Le operazioni baciate o “big ticket”, attivate e chiuse in sei mesi, prevedevano che al socio disposto ad acquistare azioni fosse garantito un compenso pari alla differenza fra dividendo e costo del finanziamento, cui si aggiungeva la plusvalenza ricavata dalla vendita dei titoli. In pratica, guadagnava due volte. Alle operazioni baciate si aggiungeva il metodo messo in atto da Roberto Rizzi, gestore Private dell’area vicentina: l’erogazione di un finanziamento di importo superiore al valore delle azioni acquistate e un compenso fra 1 e 1,5 percento accreditato al socio direttamente sul conto corrente. L’audit sospetta vi fossero irregolarità nei contratti e nei meccanismi di giroconto.
Così ha commentato ieri la notizia delle perquisizioni delle Fiamme Gialle nella sede della Pop di Vicenza, sul Blog di Grillo, Jacopo Berti, portavoce M5S Veneto
“Potrebbe essere arrivata l’ora della verità per la Banca popolare di Vicenza. Questa mattina sono scattate perquisizioni della Guardia di Finanza nella sede dell’istituto. «la Banca è indagata per responsabilità amministrativa per fatti penali dei suoi dirigenti perché rispetto ai reati contestati evidenziava un modello organizzativo e di controllo inadeguato o di fatto inattuato», spiegano le carte. Il riferimento è ai manager indagati della vecchia gestione: il presidente Giovanni Zonin, i consiglieri di amministrazione Giuseppe Zigliotto e Giovanna Maria Dossena, il direttore generale Samuele Sorato, i due vice Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta. Noi del M5S avevamo denunciato da tempo uno “Schema Zonin”, oggi al centro delle indagini. E’ grazie alla nostra coerenza che domenica scorsa sono potuto andare a testa alta, unico politico, al funerale di Antonio Bedin, il piccolo azionista suicidato proprio a causa di questo schema, attraverso il quale la cricca di BpVI ha bruciato i suoi risparmi di una vita. Ho guardato negli occhi la gente lì presente, siamo la loro unica speranza mi hanno detto. La mia promessa è che non molleremo mai fino a che giustizia non sarà fatta”
E ancora, sui “prestiti facili, quelli senza garanzie”:
“A chi hanno prestato questi soldi? Ad esempio allo stesso Zonin e le aziende ad esso collegate: 48 milioni di euro! Questo avvenne il 6 agosto 2015, quando già da due mesi a Vicenza era arrivato il nuovo consigliere delegato Francesco Iorio, il consiglio di amministrazione, secondo i dati riportati dal prospetto Consob pubblicato il 21 aprile 2016, approvò all’unanimità e con voto favorevole di tutti i sindaci effettivi finanziamenti per oltre 48 milioni di euro a società riconducibili all’allora presidente, compreso un prestito personale di 2,4 milioni di euro a Zonin. Sono tutti complici, nessuno escluso, vecchi e nuovi membri del cda.
Intanto in mattinata è arrivata la smentita del Fondo Atlante che con una nota ha definito le voci riportate da alcuni media sul rumor secondo cui il Fondo Atlante sarebbe sul punto di cedere “notizia priva di ogni e qualsiasi fondamento”.