Due ispezioni condotte da Bankitalia su Pop Vicenza, fra il 2007 e il 2009, avevano evidenziato numerose criticità da parte dell’istituto allora presieduto da Gianni Zonin e salvato dallo Stato alcuni anni dopo, ma Mario Draghi, allora alla guida della Banca d’Italia, prima di salire al comando della Bce nel 2011, ignorò l’allarme. È quanto si apprende da una nota della Vigilanza di Bankitalia ottenuta da La Stampa e dal Corriere della Sera.
In seguito alla prima delle due ispezioni, dalla quale la banca veneta era uscita con un giudizio “parzialmente sfavorevole”, Bankitalia, allora governata da Draghi, inflisse una multa da “500 mila euro (poco più di 25 mila euro per ogni componente del cda e del collegio sindacale)” e proibì “di effettuare altre acquisizioni”, scrive La Stampa, “ma nulla venne fatto sul prezzo delle azioni, che continuò a crescere anno dopo anno fino al picco di 62,5 euro toccato nel 2011”.
Il prezzo delle azioni di Pop Vicenza, avevano scritto gli ispettori, risultava sopravvalutato rispetto alla redditività della banca. Per vigilare sul prezzo delle azioni un soggetto indipendente fu incaricato di effettuare una perizia, che, però, non si pronunciò contro il valore deciso dal Cda della banca vicentina.
Questo problema sarebbe rimasto invariato anche dopo la seconda ispezione datata 2009 (giudizio: “parzialmente favorevole”) nella quale si parlava del “disallineamento fra rendimento del titolo e redditività d’impresa” che, incentivando l’ingresso di nuovi soci, favoriva “la preservazione degli assetti di governance”, compresa la presidenza Zonin, ritenuta anch’essa problematica.
Infatti l’ex presidente, che è stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver “avallato la prassi aziendale della concessione di finanziamenti finalizzati all’acquisto e/o sottoscrizione di azioni proprie” per rappresentare “una falsa situazione patrimoniale e di adeguatezza rispetto ai requisiti prudenziali di vigilanza”, avrebbe, inoltre fatto fluire finanziamenti su base “relazionale” come i 96,5 milioni concessi nel 2004 alla Magiste di Stefano Ricucci “senza attendere la delibera degli organi della banca”.
Due anni dopo la seconda ispezione, nel 2011, Bankitalia rimuove il divieto di effettuare nuove acquisizioni con una lettera firmata da Fabrizio Saccomanni, destinato poi a diventare il ministro dell’Economia del successivo governo.