Lo schema di salvataggio utilizzato nel caso della Banca Carige potrebbe presto essere ripetuto per la Banca Popolare di Bari, la cui ricapitalizzazione, con il contributo del Fondo interbancario, potrebbe valere fra gli 8 e i 900 milioni di euro. Una cifra assai vicina rispetto al piano varato dall’assemblea di Carige.
Ne danno conto varie fonti finanziarie riservate raggiunte dal Sole 24 Ore. L’obiettivo dell’operazione è riportare la solidità patrimoniale dell’istituto entro i livelli minimi prima della fine dell’anno. Il Cet 1, al 30 giugno, risultava al 6,22%, contro il minimo Bce prescritto all’8%. Partner della ricapitalizzazione, in questo caso, sarebbe Mediocredito Centrale-Banca del Mezzogiorno a sua volta controllata da Invitalia, Spa interamente in mano al Mef.
Si concretizzerebbe, insomma, un piano misto pubblico-privato, laddove invece per Carige era intervenuta una soluzione di mercato.
I passi necessari per la ricapitalizzazione
Per i 70mila azionisti da tempo impossibilitati a vendere le proprie quote, comunque, non ci sarebbero buone notizie all’orizzonte. Secondo il Sole, l’assemblea che dovrà approvare la ricapitalizzazione vedrà inevitabilmente ridotto il valore unitario delle quote – un sacrificio che gli azionisti di Carige hanno votato in massa pur di garantire un futuro alla banca e salvare il salvabile. Si prevede, nella stessa deliberazione, anche il passaggio alla forma societaria della Spa.
Quanto al Fitd, le banche italiane sarebbero già state allertate sulla possibilità di intervenire tramite lo Schema Volontario: “Ufficialmente il veicolo, il cui board si è riunito la scorsa settimana, non è stato investito della questione”, ha scritto il quotidiano, “ma nei giorni scorsi i membri del Fitd sono stati messi in pre-allarme in vista di possibili convocazioni a stretto giro”.
Il primo passaggio, tuttavia, sarà la presentazione di un piano industriale di risanamento da parte di Pop Bari allo stesso Fitd, sul quale sarebbero al lavoro Mediobanca e Oliver Wyman. Un progetto che faccia chiarezza, in particolare, sul fronte del taglio dei costi.
Difficile che possa scattare, invece, un piano B. L’accorpamento di Pop Bari con altre popolari di Sud sarebbe poco praticabile dato lo scarso interesse da parte delle altre banche potenzialmente integrabili.