Popolari, in bilanci più luci che ombre. Bper: “non credo sia possibile bad bank in Italia”
MILANO (WSI) – Popolari sotto i riflettori, con diverse banche del settore che hanno reso noti i bilanci, che nel complesso possono ritenersi più positivi che negativi. Diverse in giornate anche le dichiarazioni dei rispettivi ceo.
L’amministratore delegato di Bper, Alessandro Vandelli, non si è mostrato molto convinto sull’opzione di creare una bad bank in Italia.
“Non so se sia possibile avere una bad bank in Italia – ha detto Vandelli durante la conference call con gli analisti – Credo che siamo in ritardo per farla”. E’ in ogni caso un’operazione “molto difficile” e a servirebbe piuttosto “una riforma” per la gestione dei crediti anomali. Sulla possibilità di una fusione tra Bper e altre banche, Vandelli ha affermato che “una fusione con una banca non quotata è molto difficile” e che l’obiettivo di Bper non è quello di fare a tutti i costi una fusione, ma “fare la fusione giusta” che possa “creare valore” per l’istituto e il territorio.
“Se osservo le altre banche popolari, ognuna ha alcune caratteristiche e ogni merger ha alcuni rischi. Bpm sembra invece essere orientata a velocizzare la strada delle fusioni, e guarda ad altre banche popolari.
L’amministratore delegato Giuseppe Castagna ha affermato: “Sicuramente non siamo attendisti. Sicuramente partiremo velocemente e anche ufficialmente con l’analisti delle varie opportunità e a appena ci saranno novità le renderemo note”. Detto questo, “il fatto che partiamo velocemente non significa che pensiamo che si chiuda velocemente, perchè nei potenziali merger purtroppo la volontà di una parte conta relativamente. Noi però vogliamo manifestare questa volontà di fare le cose seriamente e velocemente”.
“Se trovassimo interlocutori disponibili probabilmente potremmo anche risolverla velocemente. Ma non è detto perchè non abbiamo proprio idea, non avendo ancora affrontato il tema, dell’attitudine, della voglia e della disponibilità di altri soggetti a fare le cose altrettanto velocemente. Quindi, partiamo velocemente. Limite massimo d’arrivo: i famosi 18 mesi del decreto”.
Ancora: “Non escludiamo che sia possibile una trasformazione in spa prima della fusione soprattutto se non incontrassimo dei partner con la nostra stessa volontà di poter anticipare un discorso di fusione”.
Sul fronte dei risultati di bilancio: Ubi Banca ha archiviato i primi tre mesi con un profitto in aumento del +30,6% e ricavi core pari a 771,8 milioni.
L’utile netto di 75,9 milioni è stato possibile, si legge in un comunicato, grazie al buon andamento dei proventi di gestione, in particolare delle commissioni nette (+13,7% a 341,2 mln), alla stabilità degli oneri operativi (521,4 mln) e alla riduzione del costo del credito (0,90%). I requisiti di capitale sono buoni: il tasso Common Equity Tier 1 è stato del 12,20%.
Da parte sua Banco Popolare ha chiuso il primo trimestre con profitti pari a 209 milioni di euro e livelli buoni di liquidità.
Alla fine di marzo il rapporto di capitale Common Equity Tier 1 è stato infatti dell’11,6%, ben al di sopra della soglia minima richiesta dalla Bce dell’8%.
Il Ceo della banca ha aggiunto che proseguono le trattative per la cessione di prestiti inesigibili per 250 milioni di euro: un closing dell’operazione è atteso nel giro di un mese.
Sempre restando all’interno del settore delle popolari, degli altri dieci gruppi che verranno trasformati in spa per effetto del decreto di governo, bene hanno fatto anche Pop Milano (utili +5,1% a 67,6 milioni) e Pop Emilia (profitti per 51,7 milioni).
Perdita pari a 45,3 milioni di euro invece per Banca Carige, che un anno fa aveva realizzato un profitto netto di 17 milioni. Il Common Equity Tier 1 è dell’8,4% e le svalutazioni sono aumentate del 18%.
Il tasso Common Equity Tier 1 è stato dell’11,57% per l’istituto milanese. Le svalutaizoni creditizie si sono attestate a 74,3 milioni di euro daglo 85,3 milioni di un anno prima.
Per Pop Emilia le svalutazioni sono scese del 30% a 150 milioni.
(DaC-Lna)