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Poste Italiane e privatizzazioni: governo Meloni annuncia la mossa. Le reazioni

Attenzione massima oggi a Piazza Affari al titolo Poste Italiane, dopo la decisione del governo Meloni, specificata in una nota diramata da Palazzo Chigi, di smobilizzare una quota nel capitale del gruppo.

Il Consiglio dei ministri “ha approvato, in esame preliminare, un provvedimento che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal ministero dell’Economia nel capitale di Poste Italiane“, ha annunciato Palazzo Chigi, aggiungendo che “il progetto di dismissione prevede che lo Stato mantenga una partecipazione anche indiretta, che assicuri il controllo pubblico”.

Nella nota si legge che “le modalità di alienazione tenderanno anche a favorire la tutela dell’azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto proprietario”.

Privatizzazioni Poste Italiane: la reazione del titolo a Piazza Affari

Il titolo Poste Italiane, quotato sul Ftse Mib di Piazza Affari, segna un rialzo di mezzo punto percentuale circa, attestandosi a quota 10,32 euro.

Il dossier Poste è uno dei tasselli principali del piano di privatizzazioni varato dal governo Meloni, concepito per far confluire nelle casse dello Stato qualcosa come 20 miliardi di euro, nell’arco di tre anni, per cercare di rimpinguare le finanze pubbliche, sempre alle prese con il problema annoso del debito pubblico.

La nota di Palazzo Chigi relativa a Poste Italiane segue i rumor riportati da Bloomberg sul piano di Meloni di cedere, sempre nell’ambito del piano di privatizzazioni, anche una quota dell’altro gioiello di Stato, il colosso petrolifero Eni, fino al 4%.

Altri punti cardine del disegno del governo italiano sono Mps-Monte dei Paschi di Siena, Rai Way, Ferrovie dello Stato.

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Lo scorso fine settimana, è stato il quotidiano La Repubblica a tornare sull’obiettivo del governo di privatizzare il grande gioiello di Stato Poste italiane, riportando indiscrezioni secondo cui Meloni & Co sarebbero al lavoro per valutare l’opzione di “smobilizzare tra il 10% e il 20% della cassaforte degli italiani, dove sono contenuti più di 300 miliardi di risparmi”.

Fine ultimo: portare nelle casse dello Stato fino a 2 miliardi e mezzo, sempre nell’ambito del piano di privatizzazioni del governo da 20 miliardi di euro che, spalmato in tre anni, corrisponde all’1% circa del Pil italiano.

Del dossier Poste ha parlato chiaramente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in occasione della conferenza stampa di fine anno rimandata al 4 gennaio scorso.

Meloni ha detto che l’esecutivo sta considerando l’eventualità di ridurre “la quota statale”, tuttavia “senza ridurre il controllo pubblico”.

In quella occasione la premier Meloni ha fatto riferimento anche all’altro dossier allo studio del governo, ovvero all’”ingresso di quote minoritarie di privati in Fs (Ferrovie dello Stato)”, riassumendo il principio alla base su cui si fonda l’intero piano di privatizzazioni: “ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria”.

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Privatizzazioni, esplodono le polemiche su piano svendita gioielli di Stato

Polemiche su quel piano di privatizzazioni, e giĂ  dal suo annuncio alla fine dello scorso anno, continuano intanto ad affastellarsi nel mondo politico e dei sindacati.

“Siamo contrari ad una stagione di saldi di Stato, che negli anni Novanta ha già creato danni irreversibili ai nostri asset strategici. Penso al settore delle telecomunicazioni o all’agroalimentare. Se l’idea è quella di svendere ulteriori quote di Poste o di altre aziende pubbliche la Cisl si opporrà”, ha detto agli inizi di gennaio, dopo il discorso di Meloni, il leader della Cisl Luigi Sbarra in una intervista al quotidiano “Avvenire”.

La nota di Slc-Cgil è stata anch’essa chiara, sollecitando un incontro urgente con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

“Nella conferenza stampa il presidente del consiglio (Meloni) – ha ricordato la Slc-Cigl – ha confermato il progetto scellerato di privatizzare ulteriori quote del capitale pubblico di Poste Italiane”.

La Slc-Cgil si è detta contraria a ulteriori svendite di “un’azienda (Poste, per l’appunto), che assume una funzione sempre più importante per la crescita e la coesione sociale nel Paese”.

Intanto su X (ex Twitter) diversi politici e sostenitori delle opposizioni al governo Meloni pubblicano un post che la presidente del Consiglio diffuse anni fa, a conferma della sua contrarietĂ  a privatizzare Poste Italiane.

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Posted by Giorgia Meloni on Tuesday, January 23, 2018

In prima linea contro Meloni e il suo piano di privatizzazioni, nei giorni scorsi, si è messo in evidenza soprattutto il leader del M5S Giuseppe Conte che ha definito tra l’altro la presidente del Consiglio “un re Mida al contrario: La più grande truffa del secolo è il programma farlocco presentato agli elettori, lei va in Europa e torna con l’Italia in ginocchio, voleva aiutare i pensionati e stiamo peggio, voleva i blocchi navali e siamo al record di sbarchi, patriota com’è ora cede quote di Poste e Ferrovie. Lei cos’è? Un re Mida al contrario? Lui tutto quello che toccava si trasformava in oro, lei tutto quello che tocca distrugge. Ci faccia una cortesia, faccia anche meno, può essere che faccia meno danni e gli italiani le saranno grati”. Polemiche anche da parte del Pd.

“Con parole alate e chiamando razionalizzazione le privatizzazioni di quote azionarie di Poste, Enel e Ferrovie, la Presidente del Consiglio ha confermato oggi il programma di cessione delle azioni dei gioielli pubblici”, ha scritto in una nota di due giorni fa il deputato del Partito Democratico, Roberto Morassut.

“Lo scopo è raggranellare quei 20 miliardi di euro previsti dalla Nadef per quadrare un bilancio inesistente e esangue. Nessuna finalità strategica per gli investimenti e le crescita. Solo un’operazione di cassa per spolpare un po’ di ricchezza pubblica nella disperazione di un governo che non ha una politica economica e finanziaria”, ha spiegato Morassut.

Nel question time alla Camera la presidente del Consiglio ha tenuto tuttavia il punto sul piano di privatizzazioni:

Confermo” che “il governo lavora a un piano di razionalizzazione delle partecipazioni dello Stato dal quale sono attesi proventi pari ad almeno l’1% del Pil, quindi circa 20 miliardi di euro in tre anni. E’ un obiettivo alla nostra portata e voglio dire che io concordo pienamente sul fatto che le privatizzazioni non debbano avere come unico scopo fare cassa per ridurre il debito pubblico ma che debbano invece essere considerate anche come uno strumento di politica industriale, un fattore di sviluppo dell’economia italiana”.

E la scorsa settimana, in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha confermato di aver incontrato a Davos, in occasione del World Economic Forum, anche fondi stranieri, per sondare l’interesse degli investitori esteri verso gli asset italiani. Tra questi anche Ray Dalio, fondatore del fondo Bridgewater Associates, colosso di asset management,  noto per essere l’hedge fund numero uno al mondo: lo stesso che nel 2018 lanciò La grande scommessa short contro Piazza Affari, puntando contro 17 titoli di Piazza Affari incluse le banche Intesa SanPaolo, UniCredit, Banco BPM, e pesi massimi di altri settori, come Eni ed Enel.

Il commento sul dossier Poste Italiane di Equita SIM

Nella loro odierna, così gli analisti di Equita SIM commentano l’annuncio del governo Meloni, che ha comunque messo in evidenza l’intenzione di garantire che il Mef mantieni una quota controllo, su Poste Italiane.

La SIM ha intanto ricordato che il Ministero dell’Economia e Finanze (MEF) detiene al momento una quota del 29,26% in Poste mentre Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è in possesso di una partecipazione pari al 35%, il che significa che lo Stato italiano detiene un controllo diretto ed indiretto complesivo, pari al 64,26%.

Per ora i mercati non hanno ancora modo di valutare in che modo il governo procederĂ  alla privatizzazione del gruppo, visto che da Palazzo Chigi non sono emersi dettagli.

Equita così scrive:

“Non è quindi ancora definita la quota oggetto di cessione e secondo il Sole rimangono aperte sia la possibilità che il Governo scenda al 51% che al 30% visto che anche in questa situazione avrebbe il controllo di fatto. Inoltre, sempre secondo il giornale, l’operazione di privatizzazione, che avverrebbe tramite OPV, dovrebbe partire dopo la presentazione del piano del 20 marzo con un roadshow ad aprile e l’offerta vera e propria a maggio, che durerà un paio di settimane”.