Economia

Precari e scoraggiati ingrossano l’esercito del NO a Renzi

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A tre giorni dal referendum, dal fronte economico dell’Italia vengono resi noti alcuni dati fondamentali per capire se la ricetta del premier Renzi sta funzionando o meno. L’Istat comunica il calo del tasso di disoccupazione, in un clima piuttosto rovente che scuote la sua stessa sede.

I precari dell’Istat occupano infatti la sala stampa, comunicando che questa mattina “saranno bloccati i briefing telefonici dai 350 precari dell’Istituto che rivendicano la stabilizzazione dei propri contratti di lavoro attraverso una misura normativa che deve essere inserita nella legge di bilancio che andrà in discussione al Senato la prossima settimana”.

L’istituto nazionale di statistica comunica in un contesto quasi grottesco che il tasso di disoccupazione è sceso, ma di per sé gli aridi numeri non riescono a dar voce a una crisi che è stampata nei volti dei tanti italiani che ogni giorno lottano per avere un posto di lavoro.

Di primo acchito le cifre diffuse appaiono positive. E sotto certi punti di vista sicuramente sono un assist per Renzi e per il fronte del SI al referendum costituzionale, in quanto certificano un percorso, seppur accidentato, di ripresa dei fondamentali dell’economia italiana.

Ma ci sono anche diversi punti interrogativi che danno invece ragione al fronte del NO, in quanto mettono in evidenza aspetti che sono tutto fuorchè confortanti. E poi c’è sempre quel dubbio: se di ripresa si può parlare, il merito va a Renzi o ai vari bazooka lanciati a più riprese dalla Bce di Mario Draghi?

Disoccupazione in calo, ma crescono gli scoraggiati

Nel mese di ottobre, stando a quanto ha reso noto l’Istat, il tasso di disoccupazione ha segnato un lieve calo, attestandosi all’11,6%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto a settembre. L’altra notizia che emerge dai numeri dell’Istat è che la disoccupazione giovanile è scesa al 36,4%, dunque 0,4 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente, e ai minimi in quattro anni, ovvero dal 2012.

Note stonate: il tasso di disoccupazione scende in quanto cresce il numero degli inattivi. Ovvero, cresce il numero degli italiani che smettono di cercare una occupazione, in quanto scoraggiati dalle condizioni in cui versa il mercato del lavoro. L’esercito degli “scoraggiati”, come li definisce la stessa Istat, è di fatto cresciuto a ottobre, esattamente di 82.000 unità rispetto a settembre, e conta ora 13,6 milioni di persone. Il tasso di inattivi avanza al 35,1%.

E’ vero che su base annua, dunque rispetto all’ottobre del 2015, il numero degli inattivi scende (del 2,2%, ovvero di 308.000 persone). Ma è indubbio che le opposizioni e in generale il fronte del No al referendum costituzionale punteranno su questo dato per affermare come non ci sia alcun miracolo targato Renzi. Tanto più che, a scendere, non è solo la disoccupazione, ma anche il tasso di occupazione, che indietreggia dello 0,1% su base mensile, pari a -30.000 unità, al 57,2% (Su base annua tuttavia si conferma la tendenza all’aumento del numero di occupati: +0,8% su ottobre 2015, pari a +174 mila).

Ancora, dai numeri dell’Istat emerge che a incidere sul calo dell’occupazione è soprattutto la flessione dei “posti fissi”. Così si legge nel rapporto:

“Il calo dell’occupazione nel mese di ottobre è determinato dai lavoratori dipendenti permanenti – o anche lavoratori a tempo indeterminato – (-0,3%, pari a -39 mila)”. Si tratta “del secondo mese di calo, dopo una crescita che proseguiva ininterrottamente da sei mesi (+1,0%, pari a +115 mila tra febbraio e agosto)”. Nello stesso mese si assiste invece a una crescita dei lavoratori a termine (+0,3%, pari a +7 mila), con gli indipendenti, ovvero gli ‘autonomi’, che restano stabili. Su base annua si conferma la “forte crescita” degli occupati dipendenti (+1,1%, pari a +194 mila), mentre diminuiscono gli indipendenti (-0,4%, pari a -20 mila). La crescita dei dipendenti “riguarda soprattutto i permanenti (+1,2%, pari a +178 mila) ma anche quelli a termine (+0,6%, pari a +16 mila)”.

Nel quadro generale, continua a salire il numero degli occupati over 50.

Istat rivede al rialzo Pil II e III trimestre. 2016 meglio stime governo

Un assist per Renzi più determinante può arrivare dalla decisione dell’Istat di rivedere al rialzo le stime sul Pil italiano: non solo del terzo trimestre, ma anche – sebbene in misura molto lieve – del secondo trimestre.

Nel trimestre compreso tra luglio e settembre, la crescita dell’economia italiana, su base annua, è stata rivista al rialzo a +1%, meglio del +0,9% reso noto nella stima preliminare. Su base trimestrale, l’Istat ha invece confermato il trend del PIL: +0,3% rispetto a quello del secondo trimestre.

L’outlook per il Pil del secondo trimestre è stato inoltre alzato da una crescita zero rispetto al primo trimestre a +0,1%. La crescita acquisita per il 2016 sale così a +0,9%, meglio delle stime del governo su un Pil a +0,8% per il 2016. E questo è un punto a favore di Renzi.

Assist da Pmi manifatturiero

Nel mese di novembre, l’indice Pmi manifatturiero dell’Italia stilato da Markit/ADACI è salito a 52,2 punti dai 50,9 di ottobre. Battute le attese degli analisti che avevano previsto un valore a 51,3 punti. Nell’esaminare il dato, si nota come l’economia manifatturiera abbia beneficiato dell’aumento dei sottoindici della produzione e dei nuovi ordini, che è stato il più forte degli ultimi cinque mesi. L’Italia ha fatto meglio anche della Germania.

Il nodo del debito pubblico e l’effetto delle “mance elettorali” di Renzi

Interessa soprattutto alla Germania e a Bruxelles ma è un tema su cui il fronte del No sta puntando per raccogliere consensi e dimostrare che le decisioni di politica economica di Renzi sono disastrose.

E’ il nodo del debito-pubblico, che si è rimasto sempre al di sopra della soglia del 130% del Pil da quando Renzi ha preso il potere. E che, secondo le attese, è destinato a salire ancora alla fine del 2016. A favore di Renzi, come Bloomberg fa notare prendendo in considerazione alcuni numeri dell’Istat, c’è invece l’effetto positivo delle mance elettorali sulla fiducia dei consumatori italiani: come si evince dal grafico, il numero delle famiglie che affermano di non riuscire ad arrivare a fine mese è calato infatti di quasi la metà da quando Renzi è diventato premier nel febbraio del 2014.