Economia

Premio Nobel: sarà un altro anno ad alta volatilità

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Il premio Nobel Michael Spence vede di fronte agli investitori un 2017 “ad alta volatilità” in quanto “ci sono troppi fattori di incertezza, dagli Stati Uniti alla Cina, fino alle elezioni in Europa. Sarebbe conveniente un atteggiamento ispirato alla cautela e in grado di trarre vantaggio dagli eccessi dei mercati”. Il famoso economista, intervenuto a un incontro organizzato da Gam Italia Sgr a Milano, ha effettuato un percorso denso di sfide e incertezze per l’economia globale, dagli Stati Uniti alla Cina.

Gli Stati Uniti, innanzitutto. Il ciclone Trump, che in pochi giorni di presidenza ha già messo in chiaro che la discontinuità con l’amministrazione precedente sarà molto concreta, si abbatte su un’economia Usa che “potrebbe accelerare sotto la nuova politica protezionista” del magnate, “inoltre i tassi di interesse nominali potrebbero salire, forzando la mano alla Federal Reserve”.

La Cina poi è sulla rotta della “trasformazione da economia orientata agli investimenti e alle esportazioni a economia orientata ai consumi interni: basti pensare che solo nei primi otto mesi del 2016 i consumi domestici sono cresciuti del 10% rispetto a un anno prima”. Inoltre,“nel paese del Dragone è in atto una transizione dalla manifattura ai servizi, che sono arrivati a pesare oltre il 50% dell’economia”, ha aggiunto il professore della Bocconi, insignito del Nobel nel 2001 con Joseph Stiglitz e George Akerlof per i loro studi dei mercati con asimmetria informativa.

Come più volte ricordato anche dagli analisti di Standard & Poor’s una forte criticità dell’economia cinese si trova nel sistema bancario: “il debito cinese è cresciuto molto con l’obiettivo di generare domanda”, conferma Spence, “e ora rischia di sfuggire di mano. Inoltre la domanda esterna resta debole e il sistema finanziario è strutturato in modo da favorire le società statali e svantaggiare la fornitura di credito alle piccole e medie imprese”.

L’Unione Europea, poi, indebolita politicamente in seguito al voto sulla Brexit, è in pericolo, sempre secondo il premio Nobel per l’Economia, “a meno che non arrivi alla svelta un cambio di passo nelle dinamiche di crescita e di governance del Vecchio Continente” alla luce del fatto che “il tasso di crescita, in Europa come in Giappone, è deludente e tuttora si stenta a tornare sui livelli pre-crisi. All’interno dell’Eurozona saltano all’occhio le forti differenze tra i vari stati membri, con Paesi come l’Italia che sono rimasti palesemente indietro rispetto ad altri, come la Germania”.

Intervistato da Wall Street Italia, il premio Nobel ha parlato di un “corto circuito politico che si vede nella crescita del populismo” e rilevato un sentiment di “rifiuto del sistema”. Nel caso dell’Europa potrebbe voler dire fine dell’euro: “non credo accada nell’immediato, ma i rischi sono in crescita”.