Il 30 gennaio il mondo conoscerà come gli Stati Uniti hanno chiuso il 2018. Nell’attesa vale la pena esaminare i due numeri che anticipano quelli ufficiali: il GDPNow della Fed di Atlanta e il Nowcasting report della Fed di New York. Entrambi usano un approccio oggettivo al 100%, basato su modelli matematici.
Per fare la stima del Pil si basano sull’andamento dei dati macro economici anziché affidarsi sui sondaggi condotti tra gli economisti di maggiore rilievo del paese che invece sono quelli dominanti che vengono ritenuti più rilevanti dai mercati. Di buono i numeri hanno che non sono influenzati da giudizi soggettivi.
- L’algoritmo della Fed di Atlanta Fed dice che la crescita sarà del 2,8%. La stima è rimasta stabile dall’inizio del 2019 a oggi. I dati sulle costruzioni residenziali probabilmente non influenzano i calcoli.
- Il modello della Fed di New York Fed prevede invece un incremento del 2,5% nell’ultimo quarto del 2018. Da novembre la percentuale è la stessa (con variazioni di appena lo 0,1% dall’una o dall’altra parte). Il medesimo modello punta a un’espansione del 2,1% nel primo trimestre.
I due fattori principali che meritano di essere dibattuti, secondo DataTrek, sono il fatto che le stime siano a grandi linee in sintonia con le previsioni degli economisti del 2,6% (con la forchetta che varia dal 2,2% al 3,1%). Una tale variazione rappresenterebbe un rallentamento rispetto al +3,4% nel terzo trimestre, ma non è sorprendente, tenuto conto delle incertezze sulle tensioni commerciali e del possibile impatto sull’economia del venire meno del pacchetto di tagli fiscali.
Né il modello di Atlanta né quello di New York mostrano una frenata del trend di crescita nel quarto trimestre, il che è in netto contrasto rispetto alla reazione dei mercati azionari. Questo, secondo DataTrek e ClearBridge promette bene per le Borse a inizio 2019.
Dati Pil Usa promettenti in ottica di mercato
Entrambi i modelli hanno dimostrato di essere fonti affidabili per prevedere i dati trimestrali del Pil Usa. Le stime del GDPNow sono un po’ più volatili da un periodo all’altro rispetto a quelle del report di New York, più stabili. Ma non sono mai scese troppo e a un certo punto hanno anche toccato il picco del +3% nel quarto trimestre.
Pure i principali indicatori di ClearBridge sulla prima economia al mondo dicono che c’è da aspettarsi una tenuta dell’attività e quindi una reazione positiva dei listini azionari. Quanto al rischio di recessione , gli indici del gruppo sono diventati leggermente più negativi, ma il rischio è ancora basso.
Il confronto con situazioni passate simili a quella attuale suggerisce la possibilità di un significativo rimbalzo azionario nel 2019. “Storicamente il raggiungimento del picco degli utili è arrivato circa tre anni prima dell’arrivo di una recessione”, dicono gli analisti di ClearBridge.
L’incertezza sull’economia è giustificata e l’attività dovrebbe rallentare dai massimi della prima parte del 2018, ma i dati e le opinioni degli economiste fanno pensare tutti a un rallentamento graduale e non repentino e brusco. Un’ulteriore frenata non può essere esclusa, visto che ulteriori tensioni dal fronte della guerra dei dazi sino americana oppure una volatilità di mercato potrebbe compromettere l’outlook per il 2019.
Ma ora come ora, in assenza di grandi shock, si può affermare che l’economia Usa è relativamente robusta.