Roma – Tante conferme e qualche novità. La direzione nazionale del Partito democratico tenutasi oggi (ieri per chi legge) a Roma (e alla quale hanno preso parte tutti i pezzi da novanta del Pd, tra cui anche Matteo Renzi, accolto con applausi al pari di Laura Puppato,) ha delineato le regole per le primarie che serviranno a scegliere i candidati democratici al Parlamento.
Innanzitutto la data: si voterà, come già anticipato da Enrico Letta, il 29 e 30 dicembre (a seconda delle regioni) e avranno diritto ad esprimere la propria preferenza tutti gli iscritti al partito, chi ha votato alle primarie per la scelta del candidato premier, ma anche quanti non avevano rinnovato la tessera e decideranno di farlo. Ma, a differenza di quanto detto in un primo momento, gli elettori democratici che torneranno ai gazebo dovranno versare due euro per votare.
Dieci, invece, le richieste di deroga dei parlamentari al limite dei 15 anni di mandato. Nessuna sorpresa sui nomi: Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Cesare Marini, Franco Marini, Giorgio Merlo, Giuseppe Lumia, Mauro Agostini, Maria Pia Garavaglia, Beppe Fioroni e Gianclaudio Bressa. Non l’ha chiesta, invece, Marco Follini.
In serata è arrivata l’approvazione dalla direzione del Pd (che poi ha votato all’unanimità le regole delle consultazioni): i dieci, quindi, faranno le primarie, a meno che non entrino nel listino.
Il segretario Pier Luigi Bersani, invece, avrà a disposizione un 10 per cento di candidature da decidere sulla base di “criteri di competenza e apertura alla società civile”. Oltre al 10 per cento di candidati, Bersani sceglierà anche i capilista.
Chi non è parlamentare uscente, per partecipare alle primarie dovrà raccogliere firme pari al 5 per cento degli iscritti su base provinciale (con una forbice minimo-massimo di 50-500 firme) o essere scelta nella rosa a disposizione delle direzioni provinciali riservata a personalità della società civile. La riunione delle Direzioni provinciali per la decisione definitiva sulle candidature, invece, è fissata per sabato prossimo.
Questo significa che i candidati avranno pochissimi giorni per raccogliere le firme. A questo proposito, la bozza prevede che i parlamentari per candidarsi non dovranno raccogliere le firme. Per ‘tutelare’ la parità di genere, inoltre, è prevista la doppia preferenza uomo/donna con l’obbligo di garantire almeno il 33 per cento della presenza femminile nelle liste.
Non potranno candidarsi, invece, salvo deroga concessa dal partito, gli europarlamentari, i sindaci di città superiori a 5mila abitanti, assessori e consiglieri regionali, i presidenti di Regioni e Province. Non potranno correre neppure i presidenti dei municipi.
I vari punti sul tavolo della riunione, a questo punto, si avviano a essere sciolti anche se per un voto finale non si esclude un prolungamento a domani (oggi per chi legge). Il listino dovrebbe, quindi, essere un po’ più consistente e prevedere 80-100 parlamentari scelti per competenza e ‘nome’, compresi i capilista. Un ‘pacchetto’ di deroghe potrebbe poi essere affidato organismi locali per risolvere il caso delle incompatibilità degli amministratori locali.
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