NEW YORK (WSI) – Ricercatori americani hanno annunciato il primo caso di guarigione al mondo di un bambino nato con l’Hiv, trasmesso da madre sieropositiva non curata, alimentando così le speranze di cura contro la pandemia.
Gli scienziati hanno però tenuto a sottolineare che si tratta di una “guarigione funzionale”, piuttosto che di una guarigione completa: il virus non è stato infatti completamente debellato, tuttavia la sua presenza è tanto ridotta da consentire al sistema immunitario dell’organismo di tenerlo sotto controllo senza dover ricorrere ai farmaci antiretrovirali.
Il solo caso di guarigione completa noto fino ad oggi era quello dell’americano Timothy Brown, noto come il “paziente di Berlino”. Brown venne considerato guarito da Hiv e leucemia dopo un trapianto di midollo osseo ricevuto da un donatore con una rara mutazione genetica, che aveva impedito al virus di penentrare nelle cellule. Il trapianto era stato eseguito per la cura della leucemia.
Nel caso presentato alla conferenza in corso ad Atlanta, in Georgia, la bambina è stata trattata solo con farmaci antiretrovirali, somministrati però meno di 30 ore dopo la sua nascita, ossia molto prima di quello che avviene normalmente con i neonati ad alto rischio contagio. Secondo i ricercatori, proprio questo genere di cura aggressiva potrebbe spiegare la “guarigione funzionale”, che avrebbe bloccato la formazione delle cosiddette cellule dormienti, che spesso portano nuove infezioni in pazienti che hanno terminato solo da poche settimane la cura con antiretrovirali.
“Fare una terapia antiretrovirale ai neonati potrebbe aiutare a ottenere una guarigione a lungo termine senza antiretrovirali, impedendo al contempo la formazione di queste cellule dormienti”, ha detto la ricercatrice Deborah Persaud, del Johns Hopkins Children’s Center di Baltimora, in Maryland.
Illustrando il caso, Persuad ha sottolineato che è la prima volta che si ottengono questi risultati in un bambino, infettato dalla madre e la cui cura è iniziata anche prima di conoscere l’esito delle analisi del sangue. I successivi test hanno quindi evidenziato una progressiva diminuzione della presenza virale nel sangue della neonata fin dal 29esimo giorno dopo la nascita. La bambina è stato trattata con farmaci antiretrovirali fino ai 18 mesi, quando i medici hanno smesso di seguirla per 10 mesi. In questo periodo non ha assunto alcun farmaco. I medici hanno quindi condotto nuovi test che non hanno evidenziato la presenza dell’Hiv.
I medicinali sono messi in commercio da una joint venture formata da GlaxoSmithKline (GSK), Pfizer (PFE), ViiV Healthcare e Kaletra di Abbott Laboratories’ (ABT).
“Il nostro prossimo passo sarà scoprire se è stata una risposta altamente insolita a una terapia precoce con antiretrovirali oppure qualcosa che si può ripetere con i neonati al alto rischio”, ha concluso Persaud. La ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health e dall’American Foundation for Aids Research. (TMNews)