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(WSI) – Cesare Geronzi, presidente del
consiglio di sorveglianza di Mediobanca,
può essere processato
(il processo inizierà il 14 marzo)
con l’accusa di usura e bancarotta
fraudolenta per il caso Ciappazzi-
Parmalat. La settima sezione
penale della Cassazione infatti ha
respinto, dichiarandolo inammissibile,
il ricorso di Geronzi contro
il decreto di rinvio a giudizio disposto
lo scorso 25 luglio dal gup
di Parma Domenico Truppa nei
suoi confronti.
L’ex numero uno
di Capitalia e attuale presidente
del cds Mediobanca si era rivolto
alla Suprema Corte chiedendo
l’annullamento del decreto, lamentandone
l’abnormità poiché
corredato da «argomentazioni risolventisi
nella sostanziale affermazione
e/o declaratoria di responsabilità
dell’imputato». Geronzi
aveva attaccato anche l’imparzialità
del gup. In particolare,
il gup, secondo Geronzi, «ha redatto
un provvedimento composto di
un prologo che pretende di giustificare
la patente declaratoria di
colpevolezza e l’avvio della fase
dibattimentale con una arbitraria
interpretazione delle regole che
debbono presiedere il rinvio a giudizio
e una di per sé illegittima imputazione
alternativa», oltre che
con un «epilogo espressivo del
convincimento della fondatezza
dell’accusa».
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Invece per la Suprema Corte,
espressasi con l’ordinanza 6551,
«le doglianze del ricorrente s’appuntano
su un provvedimento
che è e resta inoppugnabile in
quanto mero atto di impulso processuale
». Secondo gli «ermellini
», «non è possibile far ricorso alla
categoria dell’abnormità per
sanzionare irregolarità del decreto
di rinvio a giudizio che, non previste
a pena di nullità, non incidono
sulla sua funzione, che è soltanto
quella di determinare la progressione
del processo alla fase
del giudizio».
Comunque, valgono
«ad escludere qualsiasi profilo di
abnormità – aggiungono i giudici –
le regole sulla trasmissione degli
atti al giudice del dibattimento e
sugli atti in quella sede acquisibili,
in base alle quali potrà innanzitutto
rinnovarsi dinanzi al giudice
competente per il merito la questione
dello stralcio delle parti
motivazionali del provvedimento
non strettamente funzionali alla
vocatio in jus».
Alla conclusione
dell’abnormità, infine, «non possono
condurre neppure le argomentazioni
difensive con le quali si ritiene
violato il principio di imparzialità
e autonomia del gup»: secondo
la Suprema Corte, infatti,
«non la mera conoscenza degli atti,
ma solo una valutazione contenutistica,
espressa dal medesimo
giudice, può costituire causa di
pregiudizio per l’imparzialità del
giudice». Intanto ieri la terza sezione
del tribunale civile di Roma
ha condannato in solido Sergio
Cragnotti, ex patron Cirio, e Capitalia
a risarcire al gruppo Cirio
223 milioni, più rivalutazioni dal
’99 a oggi: poco più di 300 milioni.
La causa era stata avviata dai
commissari straordinari Cirio che
nel maggio 2004 avevano chiesto
a diverse banche tra cui Capitalia,
oltre 473 milioni anche a titolo di
risarcimento danni subiti per la
cessione di Eurolat a Parmalat.
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