NEW YORK (WSI) – Alla Casa de los Pueblos di Managua, il presidente Daniel Ortega e l’uomo d’affari cinese Wang Jing si sono fatti fotografare abbracciati. Nella mano libera stringevano due libri blu con i piani del Canale del Nicaragua, una via d’acqua interoceanica che lancia la sfida a quella storica di Panama.
Il megaprogetto sino-sandinista ha preso forma: a Managua è stato annunciato ieri che il tracciato è stato definito tra i sei proposti. Quello scelto, lungo 278 chilometri, partirà dalla foce del fiume Brito sul Pacifico, si dirigerà verso la città di Rivas, attraverserà per 105 chilometri il Lago Nicaragua e poi lungo i fiumi Tule e Punta Gorda arriverà nel Mar dei Caraibi permettendo l’accesso all’Atlantico.
Costo stimato 40 miliardi di dollari, raccolti dai cinesi della HK Nicaragua Canal Development Investment (HKND), basata a Hong Kong. Il proprietario del gruppo, il signor Wang Jing, è un tipo un po’ misterioso: ha 41 anni, dice di essere nato a Pechino, laureato in medicina tradizionale cinese, ma non specifica in quale scuola («per riservatezza»).
E ancora: «Sono un cittadino così normale che più normale non si può, vivo con mia madre, un fratello minore e mia figlia». Dal 2010 ha preso il controllo della Xinwei Telecom di Pechino che ha in portafoglio una serie di contratti per costruire reti telefoniche nel mondo, dal Nicaragua all’Ucraina. Giura di non avere rapporti con lo Stato, il partito, l’esercito, e nel suo ufficio pechinese esibisce un grande quadro con Mao alla guida dell’Armata Rossa. Non dice quanti soldi abbia di suo, ma assicura che i 40 miliardi per il Canale del Nicaragua sono pronti. Ufficialmente i fondi sono privati, ma più di un analista intravede lo Stato cinese alle spalle del fiducioso ex medico tradizionale.
«Questa opera sarà la più grande mai realizzata nella storia dell’umanità, e aiuterà il popolo del Nicaragua», ha spiegato agli studenti della facoltà di ingegneria di Managua il signor Wang. Il presidente Ortega è entusiasta, la maggioranza dell’opinione pubblica è con lui. Ma l’avventura ha sollevato dubbi e polemiche.
Qualcuno teme per la sovranità nazionale del Nicaragua; esperti di ambiente temono danni irreparabili all’ecosistema, dovuti al mutamento del corso dei fiumi e all’enorme spostamento di terra. Altri avvertono che il canale non è sostenibile da un punto di vista economico: 40 miliardi di dollari sembrano insufficienti per un’opera del genere. L’opposizione parlamentare accusa il governo sandinista di «fare solo propaganda per generare false speranze su un futuro prospero per la gente del Nicaragua».
Il gruppo di Hong Kong replica: noi daremo lavoro a 50 mila persone direttamente e altre 200 mila troveranno impiego nell’indotto. L’impresa parte a dicembre. Obiettivo concludere le opere entro il 2019 e aprire al traffico interoceanico nel 2020. La via di navigazione tra i due oceani che taglierà il Nicaragua sarà alternativa a quella di Panama.
Tre volte più lungo, questo canale avrà una larghezza tra gli 83 e i 520 metri e una profondità di 27 metri, dicono gli ingegneri cinesi. Molto più spazioso di quello di Panama (che nel frattempo è in fase avanzata di ristrutturazione), potrebbe permettere il passaggio di super portacontainer da 400 mila tonnellate.
Wang Jing non si accontenta, ha presentato un progetto da 10 miliardi di dollari per rifare il porto di Sebastopoli. E qualcuno assicura che anche dietro i lavori in Nicaragua ci sono fondi e interessi russi. Un bell’intreccio di ingegneria geopolitica.
Copyright © Il Corriere della Sera. All rights reserved