(9Colonne) – Roma, 6 mar – Uno studio su un campione di 50 democrazie per i dieci anni dal 1990 al 1998 (Persson T. e G. Tabellini, “Constitutions and Economic Policy”), mostra come il 63% dei governi nelle democrazie maggioritarie sia formato da un unico partito contro il 17% nel caso di sistemi proporzionali. Inoltre i paesi con sistemi elettorali proporzionali hanno una spesa pubblica, in rapporto al Pil, di dieci punti più elevata rispetto a quelli maggioritari (il 35% verso il 26%) e un deficit di bilancio più elevato (il 4% sul Pil contro il 3% dei paesi maggioritari). E’ sulla base di questi dati che Massimo Bordignon e Tito Boeri auspicano, in un intervento pubblicato su “lavoce. info”, una riforma della legge elettorale. “Se il problema è la frammentazione – scrivono i due economisti – non sarebbe possibile risolverla mantenendo il proporzionale e semplicemente imponendo una soglia elevata di sbarramento? Ammesso che si riesca ad imporla e a renderla operativa, vietando cioè ai partiti minori di formare aggregazioni pre-elettorali per poi dividersi successivamente, la risposta è senz’altro positiva. Una soglia al 5%, come nel caso tedesco, tanto citato in questi giorni, sarebbe sufficiente a ridurre il numero dei partiti presenti nel Parlamento italiano a 6 o 7 al massimo. Ma qui il problema è la tenuta del bipolarismo e il mantenimento per i cittadini della possibilità di scegliere prima delle elezioni uomini e programmi. Il rischio è quello della formazione di un centro perennemente al potere, alleato ora con la sinistra ora con la destra dello schieramento parlamentare. Una storia che abbiamo già vissuto e che ha fatto esplodere il nostro debito pubblico”.