Da oltre trent’anni Pictet investe in aziende non quotate. Anche per questa asset class la filosofia d’investimento tematica è utilizzata per cogliere le migliori opportunità in un’ottica di lungo termine. Paolo Paschetta, country head Italia, ci ha raccontato i segreti di queste strategie.
Investire in realtà ad altissimo potenziale fuori dai radar dei tradizionali investimenti in azioni e obbligazioni. È quello che consentono di fare i cosiddetti private markets. Ne abbiamo parlato con Paolo Paschetta, Equity Partner, Country Head Italia, di Pictet Asset Management che da oltre trenta anni è attiva in questa asset class sul mercato svizzero.
Sempre più spesso nel mondo del risparmio gestito si parla di private markets. Che cosa sono e perché un investitore italiano dovrebbe averli in portafoglio?
In una fase storica di grandi trasformazioni, come quella che stiamo vivendo, governi e istituzioni stanno varando piani di stimolo a favore dell’impiego di capitale in realtà altamente specializzate sia quotate che private per far fronte alla crescente competitività tecnologica e alle complessità del panorama geopolitico. Misure che coinvolgono settori innovativi come quello digitale, che include il tema dell’intelligenza artificiale, delle infrastrutture, l’automazione industriale, le filiere alimentari e la sostenibilità ambientale. I private asset permettono di investire su realtà con margini solidi, che consentono all’investitore di beneficiare di un’elevata diversificazione dei rischi e decorrelazione dalle dinamiche macro di breve termine, offrendo rendimenti consistenti nel tempo. È quindi fondamentale individuare i leader del domani, aziende solide capaci di guardare avanti e cavalcare i trend del momento. Un discorso che vale sia per i mercati pubblici, sui quali ci posizioniamo con un’ampia gamma di soluzioni tematiche, sia per i mercati privati, che rappresentano il tessuto dell’economia, ai quali dedicare una parte satellite di portafoglio, da affrontare sfruttando le capacità di player qualificati.
Quali sono i loro vantaggi rispetto alle tradizionali asset class quotate?
I private asset sono strumenti alternativi rispetto ai prodotti tradizionali (azioni e obbligazioni) e comprendono, tra gli altri, il private equity, il private debt e il real estate. Grazie alle loro caratteristiche, i mercati privati meritano di trovare spazio nei portafogli degli investitori per almeno tre ragioni. La prima è che consentono di cogliere opportunità che non sono disponibili in quelli pubblici. Le aziende che fanno parte dei mercati privati sono generalmente in una fase meno matura del proprio ciclo di vita, una fase molto stimolante per le piccole e medie imprese innovative, che possono contare sulla stabilità dell’investimento privato (non soggetto alla volatilità di mercato) per crescere rapidamente. La seconda ragione è che i mercati privati tendono a offrire rendimenti poco correlati con l’andamento di azioni e obbligazioni. Questo li rende un ingrediente adatto a ottenere una migliore diversificazione di portafoglio. Una caratteristica preziosa, specie in una fase di mercato come quella odierna, che ha ancora aperte le ferite del 2022, quando la tradizionale correlazione inversa tra equity-bond è venuta meno, rendendo i portafogli più vulnerabili. Infine, è opportuno tenere in considerazione il valore dei mercati privati su un orizzonte di lungo periodo: negli ultimi due decenni, gli investimenti nei private assets hanno sovraperformato in modo rilevante i listini: a fronte di un +13,1% ottenuto mediamente all’anno dal private equity globale, il mercato obbligazionario globale ha consegnato un ritorno medio annuo del 3,2%; si attesta invece al 5,8% quello delle azioni globali quotate.
Anche voi di Pictet siete attivi su questa asset class. Quale è la vostra filosofia su questo mercato?
Come società non quotata e improntata all’innovazione, in Pictet ci avvaliamo dell’esperienza maturata all’interno dei mercati privati tramite servizi tailorizzati. Abbiamo iniziato a investire per la nostra clientela svizzera in private equity a fine anni ‘80. A oltre trent’anni di distanza, ci troviamo in un mercato che offre la possibilità di aprire le nostre capabilities ai collocatori italiani, grazie a una regolamentazione che sempre più agevola l’impiego di capitali privati per valorizzare le aziende di minori dimensioni ad alto potenziale, fino a poco tempo fa appannaggio esclusivo degli investitori istituzionali. Tra gli strumenti dedicati ai mercati privati, l’Eltif dà la possibilità al risparmiatore di accedere a una vasta gamma di investimenti alternativi (infrastrutture, mercato immobiliare, private equity e debito aziendale, ndr). La recente entrata in vigore del Regolamento Eltif 2.0 democratizza ulteriormente questi strumenti, mantenendo i benefici preesistenti in termini di vantaggi fiscali, trasparenza e protezione per l’investitore finale, ma eliminando il vincolo quantitativo dell’investimento minimo iniziale, così come il limite di concentrazione del portafoglio.
Quali prodotti mettete a disposizione dei vostri clienti italiani?
Negli ultimi due anni abbiamo lanciato sul mercato italiano due Eltif, uno dedicato al Real Estate (Pictet Real Estate Capital Elevation Core Plus) e uno focalizzato sulle tecnologie ambientali nell’ambito del private equity (Pictet Environment Co-Investment Fund I). Questo secondo prodotto, lanciato ad aprile di quest’anno, sfrutta l’expertise tematica di Pictet per catturare i migliori investimenti in tecnologie e soluzioni innovative in uno o più dei nostri cinque segmenti ad alta convinzione: consumi sostenibili, economia circolare, controllo dell’inquinamento, tecnologie abilitanti e riduzione dei gas serra. Il private equity è uno degli strumenti più adatti a catalizzare gli investimenti in tecnologie e soluzioni d’avanguardia, individuando le migliori realtà di mercato capaci di guidare la transizione. Inoltre, “Co-Investment”, nel private equity, significa affiancare i General Partner investendo direttamente nelle aziende (invece che in fondi esistenti), unendo le loro capacità e conoscenze con la filosofia di investimento tematica di Pictet. In linea con il successo avuto nelle strategie tematiche sui mercati quotati, stiamo già strutturando un piano di lancio di nuove soluzioni per dare continuità al progetto anche sui mercati privati.
Siete famosi per i fondi tematici. Come declinate queste strategie nel mondo del private equity?
L’attenzione al dettaglio e ai temi di investimento secolari, la nostra indipendenza, l’approccio attivo, la conoscenza delle realtà nelle quali investiamo e la nostra visione di lungo termine si sposano alla perfezione con la filosofia di investimento dei mercati privati. Con riferimento al nostro ultimo prodotto, Pictet investe in tematici ambientali da circa 20 anni. Per quantificare l’impatto dell’investimento abbiamo sviluppato un modello che si basa sui Limiti Planetari, superati i quali la resilienza del pianeta sarebbe a rischio. Nel selezionare un’azienda, il primo step è la verifica dell’adeguatezza tematica, con una valutazione specifica circa le attività che conduce (analisi fondamentale, valutazione del contributo ambientale, ammissibilità dell’obiettivo in linea col modello dei Limiti Planetari).
Poi procediamo con la due diligence e richiediamo l’approvazione del Comitato Investimenti. Dopodiché iniziamo la fase di monitoring e reporting. Per sfruttare la nostra expertise tematica, nel 2022 abbiamo rafforzato la collaborazione tra i team di investimenti alternativi e i team tematici. L’Advisory Board di Pictet Environment Co-Investment include i gestori di Pictet-Nutrition, Pictet-Global Environmental Opportunities, Pictet- Water e Pictet-ReGeneration, il che offre un accesso diretto alla conoscenza dei nostri team su tematiche che vogliamo approfondire.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di luglio /agosto del mensile Wall Street Italia. Per abbonarti clicca qui